La Sicilia è la regione nella quale sono stati denunciati il maggior numero di casi di corruzione nella Pubblica Amministrazione. Il primato non proprio lusinghiero dell’Isola emerge dal discorso del procuratore generale presso la Corte dei Conti Furio Pasqualucci nel corso della sua requisitoria orale nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2008.
“Dai dati del ministero dell’Interno – ha precisato Pasqualucci – nel 2008 si sono registrati 3.197 delitti legati alla corruzione con 10.846 denunciati. Nella classifica delle denunce, tra le prime cinque regioni ne figurano quattro del Sud: Sicilia (13,07% del totale delle denunce), Campania (11,46%), Puglia (9,44%) e Calabria (8,19%). L’unica regione del Nord e’ la Lombardia (9,39%). Il Lazio, sede delle amministrazioni centrali, si colloca al settimo posto (6,67%), ma – ha continuato – proprio questa regione, insieme alla Lombardia, sono particolarmente esposte ai fenomeni corruttivi per l’elevato tasso di sviluppo economico-industriale e per la concentrazione di enti e strutture pubbliche”.
E il dato non è fine a se stesso, perché secondo il procuratore generale la tendenza all’illegalità ha ricadute immediate sullo sviluppo delle aree interessate. E quindi della Sicilia più che altrove.
“Le conseguenze prodotte dalla corruzione serpeggiante nella Pubblica Amministrazione sul piano della sua immagine, della moralita’ e della fiducia costituiscono un ulteriore costo non monetizzabile per la collettivita, che rischia di ostacolare (soprattutto in Italia meridionale) gli investimenti esteri, di distruggere la fiducia nelle istituzioni e di togliere la speranza nel futuro alle generazioni di giovani, di cittadini e di imprese”.
I settori della P.A. maggiormente colpiti sono la sanità’, le assunzioni del personale, la concessione di finanziamenti e gli appalti pubblici. “Non risultano immuni – ha detto il pg della Corte dei Conti – i comparti dell’edilizia privata, dell’università’, delle consulenze e dello smaltimento dei rifiuti”. E sulle modalità con cui si manifesta il fenomeno, Pasqualucci ha evidenziato come “il classico passaggio di denaro contante è ormai in uso solo in ambiti locali ristretti o rivolto a funzionari con un basso profilo d’impiego. Nella maggior parte dei casi – ha proseguito – si ricorre agli stessi sistemi utilizzati per frodare il fisco: sovrafatturazioni di operazioni commerciali e fatturazioni di operazioni inesistenti per costituire la provvista di denaro; fatturazione di compensi per presunte consulenze, rimborso di spese elettorali, di viaggio o di rappresentanza, o dazioni mediante terzi per consegnare il denaro al funzionario pubblico”.