“Non diciamo che sia meglio non parlare più ogni sera del numero dei contagiati ma sia più opportuno comunicare solo il numero dei ricoverati: se questi crescessero molto diventerebbero insostenibili per il servizio sanitario. Così avremmo perso giorni preziosi per cercare di contenerli. La prevenzione può, anzi deve, essere fatta sui contagi e non sui ricoveri, e quindi non beiamoci del fatto che molti contagiati hanno pochi sintomi talvolta simili a quelli di una normale influenza”. Lo afferma Cesare Cislaghi, già presidente della Società italiana di epidemiologia, nel blog E&PEpidemiologia e Prevenzione.
“Il virus SarsCov2 rimane purtroppo sempre capace di trasformare semplici sintomatologie in gravi e letali patologie”. Con l’attuale velocità di crescita, o anche inferiore, spiega Cislaghi, “i casi potrebbero raddoppiare ogni sette giorni e se questa settimana sono 150.000 la prossima diverrebbero 300.000. Speriamo che l’indice di sviluppo scenda stabilmente sotto al valore 2 e quindi che i contagi non aumentino così tanto, ma è questi che si devono tenere sotto controllo cercando di contenerli, perché poi gli esiti gravi difficilmente possono essere ridotti”.
Osservando l’andamento della percentuale di accessi alla terapia intensiva e la percentuale di decessi, cioè la stima della letalità, afferma ancora l’esperto, “vediamo che la prima è passata dallo 0,5% allo 0,2% mentre la letalità è scesa dall’1% allo 0,9%, che però si può osservare solo in relazione ai positivi diagnosticati sino a metà dicembre”. Allora “possiamo dire che la pandemia è diventata un semplice raffreddore? No di certo, possiamo solo affermare – avverte – che, grazie soprattutto ai vaccini, la frequenza degli esiti gravi sia diminuita e riguardi per lo più i non vaccinati. Ma consideriamo che se anche la letalità scendesse allo 0,5% e gli accessi in terapia intensiva allo 0,2%, e se i casi di positività crescessero sino a 500.000 al giorno, ipotesi non del tutto impossibile, i decessi sarebbero 2.500 al giorno e gli accessi in terapia intensiva 1000 e, considerando una degenza media di venti giorni, si avrebbe una presenza di 20.000 malati gravi con la necessità di essere ricoverati in terapia intensiva e questa situazione sicuramente non sarebbe sostenibile con le strutture esistenti”.