Crocetta ha vinto,| ma a che prezzo? - Live Sicilia

Crocetta ha vinto,| ma a che prezzo?

Il presidente ha portato a casa la riforma delle Province. Ora si apre la partita per il rimpasto. Ecco chi ha aperto un credito e conta di passare all'incasso.

PALERMO – La riforma è passata. E gli effetti saranno immediati. Ma le Province non c’entrano. Rosario Crocetta incassa il sì a una riforma ancora tutta da “farcire”. Ma adesso all’incasso passerà qualcun altro. La fila è già pronta. Ed è lunghissima. Ed è composta da fedelissimi. Da integri sostenitori del governo. Da alleati veri. A ciascuno, Crocetta dovrà dare qualcosa.

E la questione è stata ironicamente tirata in ballo durante la seduta d’Aula da Toto Cordaro: “Finalmente, dopo l’approvazione di questa riforma, potrete parlare di rimpasto”. E dietro l’ironia appare scorgersi una chiara verità. Non è un caso, infatti, che la questione del rinnovamento della giunta sia rimasta congelata finora. Anzi, gelosamente tenuta fuori dalla discussione, dal presidente Crocetta, che ha spesso dribblato: “Di rimpasto non parlo”. Ma in realtà, non parlarne era esattamente il modo per tenere la discussione viva. Accesa. Attuale. E tenere così i deputati alleati sulla corda. Sul filo delle rivendicazioni, da accogliere solo “in cambio” della fedeltà a Sala d’Ercole.

Crocetta ha vinto, insomma. Ma a che prezzo? E soprattutto, cosa ha vinto? Di certo, il governatore potrà vantare da domani la possibilità di rivendicare mediaticamente il primato della Sicilia nell’abolizione delle Province. Una affermazione tutto sommato incontestabile. Se non si scende dallo slogan ai dettagli. La norma approvata è una norma di principio, tutto sommato. Che interviene abolendo giunte e consigli provinciali, certamente. Ma al prezzo di togliere ai cittadini un “pezzo di democrazia”. E incidendo poco, al momento, su altri aspetti: in molti casi, la riforma si tradurrà in una “mano di vernice” sul nome “Provincia”, visto che la legge fa trasferire in maniera automatica, ai nuovi enti la “titolarità dei rapporti giuridici”. E Crocetta incassa un altro successo immediato e pratico: quello di consentire il prolungamento, almeno fino all’ottobre del 2014, dei commissariamenti.

Ma come detto, da domani il governatore dovrà aprire il registratore di cassa di Palazzo d’Orleans. Tramite il quale dovrà consegnare “il resto” a chi ha pagato – o afferma di avere pagato – in termini di fedeltà. A cominciare, ad esempio, dai partiti che si sono formati nel corso della legislatura. Loro, al momento, al governo non stanno. E in molti momenti dell’iter di questa legge, Lino Leanza e il gruppo guidato oggi da Luca Sammartino, hanno rappresentato i supporti più affidabili per assicurare a Crocetta i numeri. Al punto che qualcuno, in Aula, ha finito per definire l’esperto politico catanese come il nuovo “uomo del Monte” di Sala d’Ercole. Adesso ,però, Leanza e Sammartino dovranno passare necessariamente all’incasso, come dicevamo. Anche perché, nel frattempo, la pazienza di Articolo 4 è stata premiata in un altro senso: il gruppo è cresciuto numericamente nei mesi scorsi. Con l’ultima adesione di Adele Anselmo, Leanza e Sammartino hanno potuto compiere un sorpasso assai “sentito” dalle loro parti. Quello nei confronti dell’Udc, che oggi vanta un deputato in meno a Sala d’Ercole. Mentre può contare ancora su tre assessori “d’area” in giunta.

Ed è proprio il nuovo rapporto di forze in Aula, unito anche alle possibili, future mosse dei centristi, che potrebbero riavvicinarsi al centrodestra, che verrà rilanciato sul tavolo del governatore. Un tavolo sul quale pioveranno le stesse, legittime richieste dei Democratici e riformisti. Che hanno assicurato lealtà e, anzi, con qualche suo rappresentante hanno già lamentato i “danni” portati finora in dote da questa lealtà. È il caso ad esempio di Marco Forzese, estromesso – a suo parere – dalla prima commissione per avere difeso le scelte del governo sulla nomina del cda dell’Irsap, presieduto da Alfonso Cicero. Adesso, anche per loro, è il momento di ottenere un “risarcimento”. Del resto mai negato dallo stesso governatore: “Se faccio il rimpasto, entrano anche Articolo 4 e Drs”, ha assicurato Crocetta.

Ma il congelamento della discussione sulla giunta è tornato utile anche per tenere a bada le anime più “frizzanti” del Pd. In tanti, a dire il vero, hanno manifestato il proprio malcontento. Ma tutto sommato il partito ci ha messo la faccia. Non solo col capogruppo Gucciardi, ma anche col presidente della prima commissione Antonello Cracolici, che si è visto costretto – a volte non proprio a cuor leggero – ad assecondare i ripensamenti, i tentativi di mediazione, e quelli di riscritture in Aula della legge. Non a caso proprio lui è uno dei parlamentari democratici a chiedere non tanto un “ritocco” alla giunta, bensì un vero e proprio “azzeramento”. Azzeramento probabilmente non sarà. Ma al rimpasto adesso Crocetta dovrà pensare. E se i dodici posti non basteranno, il governo sa già come “modulare” le richieste.

Diverso il discorso che riguarda il Movimento cinque stelle. Anche loro sono tra i 62 deputati ad aver detto di sì alla riforma. Ma è difficile pensare che in questo caso l’effetto immediato sia quello di un dialogo con Crocetta, nonostante ieri il governatore avesse indugiato, nei minuti immediatamente successivi all’approvazione della norma proprio tra i banchi dei grillini. Una riedizioni del “Modello Sicilia” appare assai lontano al momento. Se è vero che appena pochi mesi fa il Movimento è stato tra le forze più attive nel promuovere una mozione di sfiducia al governatore. Il sì oggi, insomma, più che legato a un “contenzioso in atto” con Crocetta sembra più legato alla volontà del popolo a cinque stelle, favorevole all’abolizione delle Province, espressa sul web.

Ma alla vicenda rimpasto se ne lega un’altra. Da mesi, le nomine per i nuovi direttori generali delle aziende sanitarie sono ferme. Anche queste. Nonostante da settimane esista un elenco, frutto di lunghe ed estenuanti – e anche discutibili – selezioni. “Non è il caso, al momento – aveva candidamente affermato Crocetta alcuni giorni fa – introdurre nuove fibrillazioni relative al tema della Sanità durante l’iter per le Province”. Così, se la decisione di tenere nel cassetto la questione-manager poteva avere un intento “difensivo”, adesso necessariamente si trasformerà in un nuovo tavolo di “contrattazione”. Tavolo dal quale, nonostante gli avvicinamenti e le strizzatine d’occhio, dovrebbero mancare gli alfaniani di Sicilia, che alla fine hanno votato “no” alla riforma delle Province.

Restano in sospeso, adesso, due questioni. Che somigliano a dubbi. Il commissario dello Stato interverrà su questo disegno di legge? E ancora, considerato il fatto che in Aula adesso si dovrà discutere della Finanziaria-bis, dove servirà nuovamente una maggioranza non così scontata da ottenere, vuoi vedere che il governo si faccia convincere dalla “pazza idea” di temporeggiare ancora? E di rinviare almeno al mese prossimo – in piena campagna elettorale per le Europee – la doppia questione rimpasto-Sanità?


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