Cronache dall'influenza - Live Sicilia

Cronache dall’influenza

L'appuntamento annuale con l'influenza è una ricorrenza a cui è difficile sottrarsi, in fondo, serve a ricordarti che il mondo va avanti lo stesso anche senza di te. Ma quando il riposo è l'occasione per farti guardare intorno con più calma e notare la pochezza di alcune cose, forse le coccole non bastano, e allora, più vaccino per tutti!

PALERMO – E così, anche quest’anno, è arrivata l’influenza. E’ come il trenino a Capodanno, l’afa a Ferragosto e le arancine a Santa Lucia: non c’è anno in cui se ne possa fare a meno. L’influenza può essere mortale per alcune categorie di soggetti, ma in genere è priva di complicanze quando colpisce “giovanotti” vigorosi come me. In passato avevo sempre ritenuto che l’influenza fosse per me solo un benefico fastidio. Stai male per qualche giorno e poi una bella settimana di riposo assoluto con le tre “L” della regola della nonna: “Latte, letto, lana”. Soltanto in occasione dell’influenza mia moglie, tornando a casa dal lavoro, mi rivolge un: “Come ti senti, caro ? Ti ho portato le brioscine che ti piacciono. Adesso te ne preparo un paio con la marmellata di pesche”. Ma che bello, proprio come quando ero bambino ! L’influenza ti fa identificare l’amico vero: quello che dopo averti cercato per un’altra ragione, ti chiama ancora il giorno dopo per sapere come stai. E mentre tu giaci inerme in un lungo dormiveglia con i dolori e la nausea e ti domandi come riuscirai a disdire tutti i tuoi impegni, l’influenza serve a ricordarti che il mondo va avanti lo stesso anche senza di te. Il ché rappresenta il vantaggio più grande.

Eppure, forse questa volta la mia influenza stagionale è stata diversa dal solito. Preferisco rifiutare l’idea che sto invecchiando rifugiandomi nell’illusione che il ceppo di quest’anno sia stato particolarmente virulento. Ma per la prima volta ho avuto la sensazione che i fastidi dell’influenza sopravanzassero i benefici. In fondo, le brioscine con la marmellata non valgono il prezzo, divenuto troppo esoso, della febbre, del malessere e di quel fastidioso disturbo che un giorno un mio paziente denominò “’a currienza”. Su questo termine è in corso un’interessante disputa filologica tra noi che sciacquiamo i panni in Oreto (si fa per dire, naturalmente). Secondo voi, si dice “currienza” perché chi ne è colpito “curre” continuamente verso la toilette o perché “curre” come un rubinetto guasto ?

Tra una “curruta” e l’altra, ho fatto una scorpacciata di televisione riscoprendo, grazie a Rai Storia, la TV di qualità di una volta e rivedendo su Rai Sport alcune puntate della Domenica Sportiva di tanti anni fa con alcuni eroi delle mie domeniche di ragazzo, da Gigi Riva al compianto Gianni De Rosa. E poi, tra tutti quei diamanti d’annata, il letame di certi odierni “consigli per gli acquisti”. Esterno giorno. Un ragazzo e una ragazza scendono da un motorino ed entrano in casa. Sembrano euforici e, mentre lui pare finalmente sul punto di mostrarle la collezione di farfalle, entra il vicino rompiscatole alle prese con una terribile cefalea. La ragazza, una straniera chiamata Molly, tira fuori le capsule miracolose capaci di far dileguare il mal di testa e l’importuno titolare che, prima di congedarsi, rassicura l’amico sul pregio della conquista. “Carina Molly, vero?”. E quello: “Capsule!”. Lo spot si chiude sullo sguardo interdetto di Molly intenta a chiedersi se sia più incomprensibile l’Italiano o più imbecilli gli italiani. Interno notte. Un uomo non riesce a prender sonno. Accende la luce sul comodino e si gira verso la moglie: “Cara, c’è un grosso problema”. La poveretta, che apre gli occhi temendo che il marito stia per mollarla per scappare con la sua migliore amica, chiede: “Tra noi?”. E lui: “No, tra la gente”. Lui si alza e attraversa a piedi la città deserta in preda ad un irrefrenabile impulso: quello di aprire nel cuore della notte il suo supermercato per offrire “alla gente” un paniere di prodotti a prezzo bloccato. Chissà se la moglie nel frattempo s’è addormentata di nuovo o se invece abbia finalmente deciso che sarà lei a mollarlo per scappare con la sua migliore amica. Interno giorno. Suona il campanello. Un chiassoso gruppo di arzille vecchiette invade la casa del figlio di una di esse: “Stiamo qui solo per qualche minuto. Giusto il tempo di un caffè”. E mentre la caffettiera già sbuffa sul fuoco, spunta (non si capisce da dove) un’amica di lui. “E questa chi sarebbe?” chiede mammina ancora non paga dell’importuna irruzione. “Un’amica” risponde il figlio. “Un’amica speciale” precisa lei con tono stizzito. Potrebbe essere la tanto attesa rivelazione di un fidanzamento, se non fosse che d’incanto si materializza un altro lui. I ruoli restano indefiniti quando irrompe lo slogan di coda: “Coffee hourrrrrrr”. Prrrrrrrr.

Sto lì stravaccato in catalessi con la febbre a trentanove. Non ho la forza neppure di sfogliare quel libro che spacchettai con gioia sotto l’albero di Natale e che giace vergine sul comodino dal giorno di Santo Stefano. Eppure la mia mente è ancora in grado di fare qualche connessione. Forse ho sbagliato tutto nella vita. Che bisogno c’era di dieci anni di sacrifici tra laurea e specializzazione quando c’è gente, i cosiddetti “creativi” della pubblicità, pagata profumatamente per produrre una tale quantità di sciocchezze, di situazioni inverosimili e di slogan ottusi. Dal pinguino cantante del telefonino ai Bifidus Actiregularis professori di danza del ventre. Grazie all’influenza, ho deciso che da oggi boicotterò tutti i prodotti reclamizzati da pubblicità insulse. Anche se le capsule di Molly potrebbero essere utilissime per questo atroce mal di testa. Persino se un giorno dovesse passare in TV lo spot della Macchina del Tempo. Quella capace di riportarmi indietro ai tempi di Carosello, quando la televisione serviva anche per imparare, le brioscine con la marmellata di pesche erano la mia merendina pomeridiana e l’influenza solo l’occasione per una spensierata settimana di vacanza. E il prossimo anno, “più vaccino per tutti”.


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