C’è una zona dell’anima della Sicilia vedova e orfana inconsolabile di Totò Cuffaro. Lo leggiamo a ogni passo. L’attitudine si può giudicare col sopracciglio alzato, se volete. E lo diciamo subito: non rimpiangiamo Cuffaro, a prescindere perfino dalla sentenza-macigno che lo ha condannato. A parere di chi scrive, è stato un pessimo presidente della Regione. Ma quel sentimento resiste, accidenti! E un cronista deve provare a raccontarlo, o perlomeno porsi delle domande. Perchè? E’ un caso unico. Non c’entra l’interesse. Non c’entrano le garanzie che un ex satrapo vinto non può più offrire a nessuno. E’ un amore – sì, sì – che va oltre i destini e gli accadimenti contingenti. Oltre la pubblica esecrazione e le sbarre di una cella. Oltre la sconfitta che nulla ha conservato, se non uno scialbo calco della opulenza che fu. Allora perché?
Una prima risposta va ricercata nella delusione per il contesto attuale e questa è forse la parte più comprensibile del discorso. Molti sono rimasti delusi dall’algida chiusura del governo attuale che sta gestendo un momento difficile con un riflesso che non brilla. Chi sarebbe il nuovo, l’alba della terra promessa? Raffaele Lombardo inorgoglito che stringeva la mano a Cuffaro e che l’avrebbe lasciato all’indomani con inappuntabile senso pragmatico? Il Pd che scolpì l’epitaffio dell’attuale presidente con un “Il Cuffarismo è l’altra faccia del Lombardismo?”, salvo poi intavolare col medesimo merende e pic-nic a corte? Tutta la retorica a cascata di certa antimafia che pretende di rastrellare e falciare i prati senza distinzione, con noncuranza per i resti di coloro che rimangono – da innocenti – impigliati al dente del rastrello? Nella pancia di una siffatta apocalisse, il sorriso rassicurante di Totò è un’ancora – per i suoi – un faro nella nebbia.
Che poi fosse un sorriso sincero e non intriso dalle convenienze del consenso, dal registratore di cassa del voto, è tutto da dimostrare. Anzi. E qui siamo nel roveto incandescente della questione. Ci sono moltissimi siciliani che amano Cuffaro perché lo ritengono il modello ideale. Perché pensano che la politica sia ipocrita – specialmente nella terra nostra – quando promette di curarsi dei destini collettivi. Dunque, fra tanti fasulli mascheroni di benefattori della salute pubblica, altrimenti rapaci, meglio la concretezza del clientelismo che si fa pane e companatico. Meglio l’illusione – sì l’illusione – del rapporto personale col sovrano. Meglio stare accucciati ai piedi del trono. A seguire, ci sono i siciliani “liberi” che condannerebbero in ogni dove un simile atteggiamento. Ma lo perseguono senza rossore nel convento della propria coscienza. Ecco perché Cuffaro piace agli uni e affascina, in segreto, gli altri.
Abbiamo scritto di Totò Cintola, al solo scopo di interrogarci sul limite. E’ giusto che i peccati di un uomo lo accompagnino oltre la tomba e ne facciano scempio di memoria e cordoglio? E’ possibile dare cittadinanza al dolore senza rinnegare la memoria e la verità? C’è chi si è adirato, dimostrando che siamo lontani dal traguardo. La giustizia sarà sempre scellerata. La misericordia sarà sempre compiacente. Va bene. Però nessuno si senta assolto e mondato. Se nascono e prosperano i Cintola e i Cuffaro vuol dire che c’è una domanda di corruzione, non solo un’offerta di clientelismo. Totò Cintola era perfettamente consapevole del meccanismo e non lo nascondeva. Ecco perché fu un personaggio discutibilissimo, traviato consapevolmente dalla politica, eppure più onesto di tanti nell’essere soltanto se stesso.