PALERMO – La colpa è sempre di qualcun altro. Di sicuro c’è che siamo di fronte all’ennesima figuraccia, condita dall’immancabile scaricabarile. Dall’Expo al click day gli scivoloni sono tanti e clamorosi. E hanno investito la Regione quasi in tutti i rami dell’amministrazione: dalla vicenda Humanitas al Muos, dalle Province fino persino alle semplici costituzioni di parte civile nei processi contro gli impiegati “infedeli”.
È tutto un fiorire di strafalcioni, questa mezza legislatura. L’ultima, però, è una figuraccia che ha avuto uno sviluppo exponenziale. L’immagine del padiglione allagato, dell’ex assessore ora dirigente-generale commissario unico Dario Cartabellotta intento ad asciugare il guaio, fino al tardivo intervento del governatore che ha messo su una squadra di esperti che dovranno verificare ciò che non è stato mai verificato. La classica chiusura dei cancelli, quando i buoi sono già lontani. Resa ancora più grave dalle dichiarazioni provenienti da Palazzo d’Orleans: “Il presidente Crocetta e l’assessore Caleca – si legge in una nota diffusa da Palazzo d’Orleans – hanno espresso totale insoddisfazione relativamente al fatto di non essere stati coinvolti dalla struttura burocratica regionale, sui ritardi e le criticità poi riscontrate”. Il governatore e l’assessore competente, insomma, dichiarano di “non essere stati coinvolti”. Come se non avessero potere e autorità per verificare, passo dopo passo, l’avanzamento dei lavori del “Cluster biomediterraneo”
La Sicilia, in effetti, a Milano, doveva rappresentare non solo se stessa, ma le nazioni del Mediterraneo. Una leadership naufragata nei problemi idrici della struttura. Ed è già partita, come spesso è accaduto in passato, la caccia al “responsabile”, se non al colpevole. Con un commissario (Cartabellotta) commissariato dal suo assessore (Caleca nel frattempo ha preso le distanze dal burocrate) e da un “comitato di controllo” composto da un gruppetto di dirigenti che in qualche caso, nel corso degli anni erano tornati buoni per commissariare quasiasi cosa. A partire dal capo di gabinetto di Crocetta, Giulio Guagliano. La nuova faida. Il nuovo scaricabarile. La nuova guerra tra bande, tutta interna a una Regione in piena confusione.
E il caso dell’Expo ricalca sotto molti aspetti un’altra vicenda non così lontana nel tempo. Il “flop day”, versione fallimentare di quello che doveva essere il rivoluzionario “click day”, ha seguito, tutto sommato, lo stesso copione. Sebbene diversi fossero nomi e status dei protagonisti. Anche lì, però, ecco lo scontro di potere tra la burocrazia incarnata dal dirigente generale Anna Rosa Corsello e dal capo dei burocrati siciliani Patrizia Monterosso e la politica, rappresentata da Nelli Scilabra. In mezzo, storie di oscuri affidamenti diretti a società esterne, dubbi sul reclutamento di giovani esperti, e soprattutto un “crac” che ha mandato in fumo centinaia di tiorcini formativi e molte speranze di giovani siciliani. Un disastro al quale, stando alle parole di Crocetta, si sarebbe rimediato subito. Dopo nove mesi, non è ancora stato risolto nulla.
Per mesi, invece, si era cercato di capire se l’investimento della clinica Humanitas fosse legittimo oppure no. Le polemiche, gli scontri non solo interni alla burocrazia, ma anche alla maggioranza di Crocetta, portarono alla revoca dell’autorizzazione alla multinazionale che aveva deciso di far sorgere a Misterbianco un nuovo centro oncologico. Una revoca sonoramente bocciata dal Tar. Che ha messo in luce, anche in questo caso, gli strafalcioni di una burocrazia così attenta da dimenticare persino il semplice atto di notifica alla società dell’avvio del procedimento di revoca. Errori così marchiani da aver spinto la Procura di Palermo a vederci chiaro. In quel caso, però, il governo Crocetta non ha avuto bisogno di cercare il “capro espiatorio”, il dirigente responsabile di quella strana dimenticanza. Si è limitato a non presentare appello contro una sentenza che aveva sonoramente sconfessato la sua amministrazione.
Sempre il Tar, invece, qualche mese fa è dovuto intervenire per compiere quello che lo stesso Crocetta non era riuscito a fare, nonostante gli annunci distribuiti soprattutto lungo le strade del Nisseno. Alla fine, i lavori del Muos vengono fermati (anche se la partita è ancora aperta) dai giudici amministrativi che nella propria pronuncia arrivano a sottolineare come il governo Crocetta avesse confuso una revoca con un annullamento d’uffico. E come lo stesso governatore avesse sottovalutato le risultanze degli studi di esperti nominati proprio da lui. Esperti che avevano sottolineato i possibili rischi per la salute dei cittadini. Ma tant’è.
Di strafalcione in strafalcione, questi due anni e mezzo sono una cronaca di spot miseramente falliti. Padiglioni delle vanità allagati dall’improvvisazione. Come è successo in occasione della costituzione di parte civile contro il dipendente Cannova, accusato di aver favorito alcune autorizzazioni per le discariche. Il governo, dopo aver denunciato lo “scandalo degli scandali” in roboanti conferenze stampa, ha semplicemente dimenticato di presentarsi al processo come parte civile. Attribuendo la colpa, in un primo momento, al Tribunale che non avrebbe notificato l’avvio del procedimento. Poi, quando è saltata fuori la ricevuta della notifica, ecco un non meglio precisato burocrate che avrebbe dimenticato di comunicare quell’avviso. Scivoloni, in giro per l’Expo delle figuracce siciliane. Dove il padiglione più grande è rappresentato dalle Province. “Le abbiamo abolite”, disse Crocetta. Dopo due anni, non c’è una legge che le riformi davvero. Quella arrivata all’Ars è stata impallinata dalla maggioranza di un governo che “fa acqua” da due anni e mezzo. E non solo tra i padiglioni milanesi.