PALERMO – Prima nel 1996, poi nel 2010 e infine nel 2020: è la terza volta che le cronache giudiziarie si occupano di Santo Sottile, ormai arrivato quasi alla soglia dei settant’anni.
Stamani i finanzieri del Gruppo Palermo lo hanno arrestato per usura. Assieme al figlio prestava soldi, così sostiene l’accusa, con prestiti del 520% annui.
La prima volta finì in carcere nel Natale del 1996, pochi mesi dopo l’arresto di Giovanni Brusca, il boia di San Giuseppe Jato, di cui Sottile era accusato di essere un favoreggiatore.
Nel 2010 venne fuori la storia che Brusca minacciava Sottile, ma il capomafia fu assolto assieme al cugino dall’accusa di tentata violenza privata. L’ipotesi è che avesse cercato di riprendersi con le minacce due appartamenti in via Pitrè, a Palermo.
L’indagine era nata nel 2010 quando gli investigatori captarono la conversazione fra il cognato di Brusca con la moglie del pentito. I carabinieri passarono al setaccio la sua corrispondenza e trovarono una lettera indirizzata all’imprenditore Sottile. I toni erano minacciosi.
L’ex capomafia pretendeva la restituzione di diversi beni: “Divento una bestia più di quanto non lo sono stato nel mio passato”, “sono disposto ad arrivare fino in fondo, costi quel che costi, e non mi riferisco alle vie legali”. In Tribunale, però, l’accusa non resse. Successivamente gli trovarono in carcere una pendrive con le indicazioni per le ristrutturazioni di una casa a San Giuseppe Jato. Il suo programma di protezione traballò, ma alla fine fu perdonato.