Dal Tar no al ricorso |contro la riforma delle Province - Live Sicilia

Dal Tar no al ricorso |contro la riforma delle Province

Il ricorso presentato dall'Upi e dall'Urps circa le presunte illegittimità della legge è stato respinto dal tar di Palermo

PALERMO – Respinto dal Tar di Palermo il ricorso presentato dall’Upi e dall’Urps circa le presunte illegittimità della legge 7 che ha abolito le Province Regionali in Sicilia. La decisione era stata già raggiunta il 5 dicembre, ma è stata resa nota soltanto ieri.

Il ricorso rigettato riguardava in particolare il commissariamento della Provincia di Caltanissetta e si articolava sostanzialmente su tre punti. Il primo: “Eccesso di potere per sviamento e manifesta illogicità. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 145 della legge regionale 15 marzo 1965”. Il secondo: “Illegittimità della legge regionale siciliana n. 7 del 2013 per violazione della Carta Europea dell’autonomia locale”. Il terzo: “Illegittimità della legge in quanto lesiva del principio costituzionale di rappresentatività degli enti territoriali (artt. 5 e 114 Cost.)”.

I giudici del Tar confermano l’utilizzo dei Commissari nelle Province: “Rappresenta – si legge – un istituto per attuare la riforma, proprio al fine di evitare una inutile, ed antieconomica, consultazione del corpo elettorale nelle more della compiuta attuazione della riforma stessa, prevista, peraltro, con l’adozione di apposita legge regionale entro un ristretto limite temporale (31 dicembre 2013)”.

In merito ai rilievi circa la poca “democraticità” dello strumento delle elezioni di secondo grado per scegliere gli organismi dei futuri Liberi Consorzi, i giudici si sono così espressi: “Non si può neppure sostenere l’esistenza di una equazione elettività-democraticità ed elettività-autonomia, in quanto l’elettività costituisce solo un modo per conferire la titolarità di un ufficio, e non coincide con l’autonomia, la quale si atteggia, nel quadro costituzionale, come complesso di istituti atti a garantire la libertà di scelta ordinamentale nel quadro delle attribuzioni conferite ex lege, ma non già a presidiare le stesse fin dal momento della formazione dell’ente o dell’organo che della stessa autonomia usa. La nozione di democrazia – si legge ancora – non può essere ridotta al mero fenomeno elettivo diretto quasi che, una volta scelti i rappresentanti, ne sia stata assicurata la realizzazione”.

Smentiti anche i rilievi sulla presunta illegittimità costituzionale dell’articolo 15 dello statuto siciliano: “E’ pacifica la sua natura di norma costituzionale. Natura, la quale, di per sé, non esclude la (teorica) possibilità che la disposizione possa porsi in contrasto con i principi fondamentali contenuti nella parte prima della Costituzione, anche tenendo conto della risalente epoca in cui il testo dello Statuto venne approvato. Va, tuttavia, rilevato – si legge ancora – che detta fonte di rango costituzionale è stata oggetto di modifiche con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2; sede, nella quale ben avrebbe potuto il legislatore costituzionale apportare eventuali modifiche anche all’art. 15 in esame”.


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