Dario sorride ancora - Live Sicilia

Dario sorride ancora

I funerali al Villaggio Santa Rosalia
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Dario sorride. Non è una suggestione. Quando alzano il velo che copre il suo volto ti convinci che sorride davvero. Sul sopracciglio ha un piccolo cerotto, bianco come la bara dentro cui riposa. Ieri era il segno della caduta, oggi della fragilità umana. Di ciascuno di noi.

Dario sorride, come se volesse dire “non piangete” alle mille persone che affollano la cappella della chiesa di San Raffaele Arcangelo. La gente del Villaggio Santa Rosalia fa quadrato attorno a mamma Antonina e papà Gaspare, e ai due ragazzi che piangono un fratello di dieci anni che no c’è più. Il quartiere ha il cuore colmo di solidarietà. Una solidarietà che trabocca nei palloncini bianchi e azzurri, nella gigantografia di Dario, nelle magliette con la faccia di un bambino che resterà vivo per sempre.

E’ una folla chiassosa, non per irriverenza ma per vitalità. La cappella e il piazzale sono stracolmi di bambini con un fiore banco in mano e di ragazzi con i capelli all’insù. Come sarebbe piaciuto al piccolo Dario che l’anziano fruttivendolo ricorda per quei biglietti con i prezzi scambiati per gioco. Il coperchio chiude la bara e separa, per sempre, il volto di Dario dalla carezze dei cari. Il rosso della maglia del Milan, la squadra del cuore, colora il candore del feretro. Lo portano in spalla fino alla chiesa, dove la gente fa fatica a trovare posto in piedi.

“Non esiste, non esiste, perché?” continua a ripetersi il padre. Chi ha fede trova conforto nelle parole di padre Aurelio. “Oggi Dario ci ha fatto un grande regalo, ci ha riunito come famiglia”, dice il sacerdote dai capelli bianchi e dall’accento non palermitano. A Palermo, però, ci vive da dieci anni e ha imparato a conoscere fino in fondo le contraddizioni di un quartiere da cui tutti, e troppo spesso, prendiamo le distanze bollandolo come difficile: “Il dolore di oggi ci serva per avviare un cammino nuovo di speranza e amore. Adottiamo tutti i bambini del rione. Gridiamo il nostro no, tutti insieme, ai furti, agli scippi, allo spaccio di droga. Non voltiamoci dall’altra parte. Miglioriamo il quartiere, solo così il ricordo di Dario resterà vivo nel nostro cuore”.

Il feretro lascia la chiesa. Le colombe si alzano in volo, accompagnano il cammino che conduce Dario al cimitero, attraverso le strade dove la gente sta affacciata al balcone con le mani giunte in preghiera e i commercianti abbassano le saracinesche. Prima, però, una tappa nella scuola di Dario dove i compagni gli dedicano gli ultimi pensieri di affetto.

Dario Rizzo sorride, sorride davvero. E’ morto a dieci anni per chissà quale malattia nascosta. E’ morto mentre inseguiva un pallone non sul prato di un campetto, ma sull’asfalto di una città dove ai bambini si è smesso di dedicare attenzione. E c’è chi giura che il sangue di Dario, che sull’asfalto è rimasto nonostante la pioggia, abbia tacciato l’immagine di una pecorella che salta fuori da un calice. La Pasqua è la resurrezione dei morti. Dario sorride. Sorride davvero, mentre un bambino, che come lui avrà più o meno dieci anni, lo saluta a modo suo, saltando la ringhiera nel cortile della chiesa.


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