Del cuore non si butta niente | La città che vuole sperare - Live Sicilia

Del cuore non si butta niente | La città che vuole sperare

Un momento di "La Bottega degli Errori" ph Bebo Cammarata per la Compagnia Instabile

Una scena. Una penombra. Palermo ritratta nella sua felicità più vera, ottenuta a caro prezzo.

Del cuore non si butta via niente. Lo capisci, con un’occhiata al palco. Ci sono teste di bambole, stoffe, frammenti colorati, tessere di un puzzle che un bambino scordò di completare, per poi dimenticarlo in un ripostiglio della memoria. Ed è di più, colpisce molto di più, quello che immagini, senza vederlo. I rimbalzi confusi di un amarcord evocato dalla forza della rappresentazione. Rimpiangi – tu, spettatore di un teatro di sogni e trasalimenti – i sorrisi dati in pegno che la lontananza soffocò. Dov’è finito il ragazzo che correva, come se la morte non lo riguardasse? Dov’è adesso chi tentò di consolare il lutto fino a consumare le sue dita in una impotente carezza? Dove le canzoni di Baglioni, i lenti, i baci a labbra salate? Dove la pioggia con l’odore di terra dell’autunno, le estati trascorse tra conchiglie sulla battigia e sguardi? “Dove le nevi dell’altro anno?”.

C’è un’insegna: ‘La Bottega degli errori’. Da qui prende il via la strada, la narrazione impervia di ciò che ci ha trasformati in noi stessi, nel bene e nel male.

Pazzi, nel frattempo, li chiamano quelli del mondo di superficie, che non capiscono che tutti lo siamo davvero e che la differenza risiede solo nella sorte che ci ha resi appena un po’ diversamente matti. Tanto luminosa è questa pazzia da sollevare ricordi ed emozioni, col semplice agitarsi di una scena, tra noi e loro. Noi, stupiti e ammirati per una grazia inattesa. Loro – le ombre attraversate dalla luce sul palcoscenico dell’auditorium della parrocchia Maria Santissima Madre della Chiesa, in viale Francia – i prodigiosi artisti della Compagnia Instabile.

Chi sono, dunque? Lo spiegava qualche tempo fa Roberta Zottino, presidente dell’associazione ‘Pensiamo in positivo’: “L’esperienza nasce nel 2010 con i pazienti che soffrono di disagio psichico, il personale della comunità terapeutica assistita “Lares”, gli operatori volontari clown della nostra associazione e dell’associazione ‘Mente Libera’, presieduta da Sebastiano Catalano. Il nostro è un percorso di teatroterapia, infatti per noi la spontaneità e il benessere sono i punti di forza per andare in scena”. Un progetto di recupero, ma bisogna stabilire per chi. “Abbiamo raggiunto ottimi risultati. Qui, tutti si sentono a casa”, chiosava la dottoressa Anna Maria Parissi, che sovrintende e si prende cura per l’Asp.

 E chi accetta di esserci, con la sua follia personale – forse il credersi normali è la patologia più grave – lascia in pegno il nome, per assumerne un altro, come i bambini dell’Isola che non c’è che deponevano il fardello del tempo passato, sulla scia delle ali di Peter Pan. Roberta, per esempio, è Dolly. Poi c’è Luana Damato che mima le emozioni da bravissima clown. Lei è Zikka. E così via nell’abecedario di una fantasia che ti salva, che ti consegna al profilo dell’isola, proprio quando sei certo di esserti smarrito.

Tra le assi e le quinte, si alza in volo la ‘Bottega degli Errori’ – stralunato, dolcissimo e poetico canovaccio intessuto da Dolly – che ha una morale dichiarata all’avvio. Sì, del cuore (e della vita) non si getta via niente: farlo significherebbe rinunciare a se stessi, nel male e nel bene. Una musica malinconica o ridente introduce i personaggi.

C’è l’orologio a cucù dall’accento comico e marcato. C’è la signora delle pulizie che ricomincia, senza posa, il suo incessante lavoro. C’è la pianta dalle fattezze umane che si innaffia da sé. Ci sono i postini con lettere strampalate. C’è il coro dei mimi. Ci sono canzoni e danze.

Ci sono un uomo e una donna d’età. Lui ha la sua uniforme da guardiano delle stelle e la veglia impettito. Lei indossa i paramenti bianchi e i nastri di una bambina tra i capelli. Somigliano al soldatino di piombo e alla ballerina di una vecchia fiaba, in via di metafora, non per le loro storie ignote. Il soldatino e la ballerina che si amavano e che affrontarono mille peripezie, pur di non smettere di amarsi.

Ma che Palermo è mai questa? La intravvedi e la decifri, con un’altra occhiata. E’ la città che si aggrappa alla corda ruvida della solidarietà e va su, attraversandola. Che difende le sue ore felici, conquistate a caro prezzo, che costruisce, che ha rinunciato alla ferocia e all’indifferenza, che rimette in piedi e che si rimescola, contaminandosi. E’ la Palermo che fabbrica i suoi sogni dal sottosuolo, le pietre preziose che non fanno audience che non vengono estratte. Eppure risplendono.

In platea, mani che battono, all’unisono con i piedi. Familiari del ‘disagio psichico’ che hanno imparato a trovare un riparo, nonostante troppi abbandoni. Amici del coraggio, volontari e palloncini colorati. Qui nessuno è la sua malattia. Qui tutti coincidono con una speranza. Qui nessuno è veramente ‘pazzo’.

Finisce col soldato e con la ballerina l’uno accanto all’altro sulle note di un valzer struggente. Nella favola di Andersen cadevano dentro un camino acceso e si scioglievano. Di ciò che erano stati rimaneva la cosa vera: un nastrino luccicante e un cuore di piombo, uniti tra cenere e fuoco, per sempre.

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