Delitto Akis, l'arringa della difesa |"Uccisi per una questione di donne" - Live Sicilia

Delitto Akis, l’arringa della difesa |”Uccisi per una questione di donne”

Rosario Grasso è imputato per l'omicidio di Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato, scomparsi nel 2011. Il difensore Giuseppe Di Mauro ha chiesto la riqualificazione del reato in favoreggiamento. E spunta un'intercettazione.

CATANIA – Processo per il delitto dell’Akis. Battute finali. L’arringa dell’avvocato Giuseppe Di Mauro, difensore di Rosario Grasso, accusato di aver ucciso Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso,  si è conclusa con la riqualificazione dei capi d’imputazione ed ha chiesto alla Corte d’Assise la condanna per favoreggiamento. Nessun coinvolgimento diretto nell’omicidio, dunque. Ma ha paura che svelando i nomi di quegli uomini che si presentarono all’agriturismo di Aci Sant’Antonio quel pomeriggio del 2011 possa succedere qualcosa di brutto ai suoi parenti. “Ti sterminiamo la famiglia se parlì” gli avrebbero urlato quegli uomini che dopo aver ucciso i due affiliati dei Laudani si portarono via i corpi. Cadaveri, lo ricordiamo, mai ritrovati. E prova di questa paura sarebbe, a detta del difensore, anche il tentativo dei congiunti dell’imputato di allonatanarsi dall’Akis subito dopo l’arresto di Grasso. Per Gabriella Pappalardo e i figli Filippo e Angelo l’avvocato ha chiesto il “non luogo a procedere”.

Il pm Pasquale Pacifico ha chiesto ai giudici la condanna all’ergastolo per il titolare dell’Akis. Nessuno sconto o attenuante: Il sostituto procuratore è inflessibile in tutta la requisitoria che l’avvocato Giuseppe Di Mauro ha replicato punto per punto.

L’INTERCETTAZIONE. Francesco Grasso, una delle vittime, è il nipote di Pippo Grasso detto “Tistazza”. Ed è proprio quest’ultimo ad essere stato intercettato nel 2011 durante una conversazione con Filippo. Colloquio che l’avvocato Di Mauro ha chiesto ed ottenuto fosse acquisito tra gli atti del processo. Secondo il difensore da questa conversazione emerge chiaramente che “Tistazza” attribuisce l’omicidio a una questione di donne. Una delle vittime, infatti, avrebbe avuto una relazione con la moglie, “una donna bionda e appariscente”, di un affiliato detenuto. Un regolamento personale, dunque, non una vendetta mafiosa. Il movente sarebbe quindi da ricercare – secondo Di Mauro – in questa direzione.

IL LUMINOL. Un’altra parte dell’arringa difensiva è dedicata ai rilievi eseguiti dai Ris di Messina con il luminol. Particolare che nel 2012 diede uno scossone all’indagine e portò Rosario Grasso in carcere con l’accusa di omicidio. Per Di Mauro le uniche tracce di sangue trovate sono quelle di Spampinato all’interno della struttura. All’esterno non ci sarebbe alcuna macchia ematica e quindi, non ci sarebbe prova – come invece ha ricostruito nella requisitoria il pm – di un percorso verso la piscina.

IL GIALLO DELLA PORTA. Di Mauro non ci sta al fatto che i racconti del suo assistito siano stati etichettati dal pm come falsi, anzi Pacifico nella sua  requisitoria parla di “barzellette”. Per il difensore, il magistrato fonda questa convinzione sul fatto che Grasso indica la porta posteriore – quella che non si può aprire dall’esterno – come il luogo da cui sono entrati gli assassini. Una versione che si basa sui rumori di provenienza e, dunque, secondo l’avvocato di una supposizione anche da parte dell’imputato. Quindi le parole di Rosario Grasso non portano ad escludere che i killer siano entrati dall’accesso indicato dagli investigatori.

Rosario Grasso dovrà aspettare per conoscere la sentenza di primo grado il prossimo 2 marzo, dove sono previste anche le possibili repliche.


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