CATANIA – Dall’egemonia culturale alla narrativa dell’antimafia. Da Antonio Gramsci a Rosario Crocetta. Dove vanno la sinistra italiana e siciliana? “Ho un po’ il sospetto che si usi l’argomento mafioso, quasi fosse un vessillo generale, per non parlare di altro. Detto ciò, mi pare ovvio che bisogna essere tutti contro la mafia: ça va sans dir”. Il filosofo Diego Fusaro non si smentisce e mantiene un profilo critico anche su temi geopoliticamente distanti dal proprio raggio d’azione. Mafia no, antimafia “ni”. Ne ha parlato con LiveSicilia a margine del convegno Hotel Gramsci che si è tenuto ieri a Catania al teatro Angelo Musco. Al tavolo c’erano lo storico Tino Vittorio, il presidente dello Stabile Nino Milazzo, Nuccio Carrara, già sottosegretario alle Riforme istituzionali e Francesco Coniglione, ordinario di Storia della filosofia presso l’ateneo catanese. “È chiaro che quando si tratta di mafia si affronta una problematica grande quanto una casa. Importante sì, ma non esclusiva”. Fusaro avanza qualche dubbio, ma tutto da approfondire, anche sulle politiche varate dalla giunta regionale di rimodulazione della spesa pubblica a danno della rappresentanza democratica. In ultimo c’è la sforbiciata sui consigli comunali: “C’è un taglio neoliberista evidente: si taglia su tutto ciò che si può tagliare. Per quel che concerne il caso delle Province – ha aggiunto – se ne potrebbe discutere a lungo…”. Un modo per denunciare tuttavia l’inutilità di Enti che Rosario Crocetta, prima ancora di Graziano Delrio, ha mandato in soffitta.
Oltre Gramsci, in sala Fusaro si è lasciato interrogare sull’emergenza Isis e la sua prossimità alle coste siciliane. Ma anche lì l’approccio è per lo meno problematico: “Spesso l’utilizzo giornalistico del tema terroristico – ha detto – è un uso volto a creare distrazione di massa rispetto ai problemi essenziali che stiamo vivendo. Per i ragazzi della mia generazione, il problema non è il terrorismo o quello che capita nei paesi islamici. Il punto vero è che non c’è lavoro, c’è precariato e quant’altro. Spostare l’attenzione verso il perenne altrove del terrorismo serve a non identificare qual è il vero nemico, che resta il nesso di forza capitalistico”.
Insomma, si tratta di mettersi nuovamente d’accordo su quale vocabolario utilizzare: “Con terrorismo – ha spiegato Fusaro – si taccia spesso la reazione più o meno scomposta di popoli che vengono bombardati e che rispondono con temi che sono loro propri. Questa è un realtà nota sin dai tempi di Sartre, quella cioè che i popoli, se aggrediti, reagiscono. Ma per noi si tratta di una verità non più nota. Ecco, bisogna fare pulizia ermeneutica nelle nostre categorie linguistiche”. L’urgenza è quella di reimpostare anche le vecchie coordinate del lessico politico. “Io sono un fermo sostenitore della obsolescenza della dicotomia destra-sinistra, che serve soltanto a spaccare il fronte degli offesi, dividendoli appunto tra destri e sinistri e impedendogli quindi una rivoluzione anticapitalistica. Questo è ciò che anche Gramsci auspicava: unificare e accentrare tutte quelle forze che per una via o per un’altra sono pervenute all’anticapitalismo. E se da un lato il fronte sinistro continua a ventilare questa dicotomia, impedendo il costituirsi di una coscienza oppositiva umanistica; sul fronte destro, invece, tramite la dicotomia immigrati-autoctoni, si crea lo stesso fenomeno divisorio. Lo dico con una battuta, ma così s’illudono i giovani che il loro nemico sia il precario islamico e non il finanziere parigino”.