Dimissioni, cacciate e polemiche | Enti e partecipate: Regione nel caos - Live Sicilia

Dimissioni, cacciate e polemiche | Enti e partecipate: Regione nel caos

Tante le grane del presidente Musumeci e del governo regionale. E ancora, per tante realtà, non sembra esserci una strategia.

PALERMO – Le dimissioni dell’amministratore unico di Sicilia Digitale, Massimo Dell’Utri, non sono che l’ultimo spiacevole contrattempo, chiamiamolo così, di un governo regionale che sembra muoversi a tentoni nel tentativo di mettere ordine nel complesso e variegato mondo delle società partecipate e degli enti regionali. Amministratori nominati e subito dopo rimossi (o fuggiti), defenestrazioni in diretta tv, cda scelti dal governo e bocciati dal parlamento, enti di cui era stata decisa la cancellazione – a suon di proclami, anche in campagna elettorale e in video dirette su Facebook – che invece ricevono finanziamenti e continuano a lavorare come se nulla fosse. Insomma, sembra che la bussola di Musumeci e della sua Giunta abbia perso il Nord. E nel limbo dello spoil system infinito navigano a vista migliaia di lavoratori.

Dimissioni e cacciate

Dell’Utri, vicino a Popolari e autonomisti, è solo l’ultimo in ordine di tempo ad aver lasciato l’incarico. Dopo essere stato presentato, con tutti gli onori, dall’assessore all’Economia Gaetano Armao in occasione del Digital Day a Villa Malfitano, il 2 ottobre scorso, pochi mesi dopo ecco arrivare il ripensamento. A lui sarebbe toccato il compito di traghettare la società fuori da una persistente crisi economica e realizzare per la Regione il grande data center che l’assessore Armao sogna da tempo e che sorgerà nella ex sede dell’Asi a Brancaccio. Ma Dell’Utri si è ritirato molto prima.

Di recente, poi, ha fatto il suo ingresso nel girone infernale degli enti regionali nel caos anche la Foss. Al sovrintendente della Fondazione Orchestra sinfonica siciliana è arrivato, proprio durante le Festività, il benservito della Regione. Giorgio Pace è stato rimosso dopo che tre quinti del cda si erano dimessi. Ma la mossa dell’Assessorato regionale al Turismo, guidato da Sandro Pappalardo, non è passata sotto silenzio. Si sono fatti sentire i sindacati, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e le opposizioni all’Ars. Il dem Anthony Barbagallo, senza farne espressamente il nome ha chiesto con un atto parlamentare se la rimozione del sovrintendente della Foss sia avvenuta per far posto a “un ex assessore regionale”. La scelta potrebbe ricadere su Ester Bonafede, esponente dell’Udc, partito che sostiene il governatore in Sala d’Ercole, anche perché Bonafede quel posto lo ha già ricorperto.

Ed è stato un vero caso quello che ha portato qualche tempo fa alle dimissioni di Marcello Caruso dalla guida della Sas. Criticato ferocemente dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè in diretta televisiva, ha lasciato il vertice della Servizi ausiliari Sicilia poche ore dopo e a stretto giro è stato sostituito da Giuseppe Di Stefano, vicino al presidente della Commissione Bilancio Riccardo Savona e a buona parte di Forza Italia. Il primo atto del nuovo presidente è stata l’assunzione a tempo indeterminato di 135 lavoratori, che con la qualifica di funzionari direttivi lavoreranno circa due giorni a settimana. Caruso, che si era opposto alla “presa di posizione dell’assessore all’Economia” per le assunzioni – “per salvaguardare l’interesse pubblico”, ha detto – non ha potuto fare altro che dimettersi.

Balletto di dimissioni e nuove nomine anche alla società Interporti, dove si sono succeduti quattro amministratori in quattro mesi. A febbraio era andato via Alessandro Albanese. Al suo posto era arrivata Carmen Madonia che ha deciso di dimettersi il 18 aprile scorso. Poi è toccato a Benedetto Torrisi, docente universitario: nominato il 30 aprile, rinuncia all’incarico per ragioni personali nemmeno un mese dopo, il 28 maggio. Due settimane di “vuoto” ed ecco un altro Torrisi, Rosario Torrisi Rigano. In compenso, poche settimane dopo è arrivata anche la buona notizia della ricapitalizzazione della società con un’iniezione di nuova liquidità pari a 2,5 milioni di euro.

Si è dimesso nei giorni scorsi anche il presidente del Consiglio di amministrazione di Airgest, Paolo Angius, a seguito dell‘inchiesta giudiziaria che vede coinvolti, per fatti risalenti agli anni passati, 15 ex amministratori della società che gestisce lo scalo aeroportuale di Trapani Birgi. Musumeci ha congelato le dimissioni. “È necessario creare un’unica società che gestisca gli aeroporti di Punta Raisi e Birgi”: è l’idea di Musumeci, magari affiancata ad un’altra società di gestione per gli aeroporti della Sicilia orientale, Catania e Comiso. Un piano di cui si è parlato spesso, che ha ricevuto l’apprezzamento di buona parte della maggioranza, ma di cui non c’è ancora traccia concreta.

Quale futuro?

Ci sono alcuni casi, poi, in cui è ancora più complicato capire quale sia la strategia che il governo sta seguendo. Se esiste una strategia. I casi dell’Esa, degli Iacp e di Riscossione Sicilia sono esemplari di questa apparente assenza di rotta. Per non parlare del Cas.

Etichettato come “l’ultimo vergognoso carrozzone della Prima Repubblica”, Musumeci aveva addirittura legato la sopravvivenza del proprio governo alla chiusura dell’Ente di sviluppo agricolo. Cuore dell'”operazione Esa” sarebbe soprattutto il patrimonio dell’ente: un ingente patrimonio, costituito da immobili e terreni. “Inestimabile”, come lo ha definito Nicola Caldarone, ex presidente dell’Esa che si è dimesso dalla carica, ma che ha ammesso che la scelta era stata in qualche modo obbligata. E di chiudere l’Esa non se ne parla più: non solo la norma non è più né nella nuova Finanziaria, né nel Collegato che sarà approvato successivamente, ma anzi ecco comparire nuovi finanziamenti per l’ente, dai fondi per i lavoratori alle somme per la pulizia dei fiumi e la manutenzione degli argini.

Stessa identica sorte per gli Iacp, gli Istituti autonomi case popolari delle nove province siciliane. Il presidente Musumeci con la scorsa Finanziaria aveva annunciato il suo proposito di cancellare questi enti per dare vita all’Agenzia regionale per la casa e l’abitare sociale (Arcas). Di quel progetto non c’è più traccia nei documenti economici che sono adesso all’esame dell’Ars. Né esistono disegni di legge autonomi, come avevano chiesto le opposizioni per riforme così importanti. E intanto gli Iacp sono l’emblema del caos del settore: tra nomine, bocciature in commissione all’Ars dei nomi “dei fedelissimi” e inchieste giudiziarie (come l’ultima sullo Iacp di Palermo che vede indagati l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone e il capogruppo di Forza Italia all’Ars Giuseppe Milazzo proprio per una vicenda che riguarderebbe una nomina), il governo non ha potuto far altro intanto che prorogare i commissari in carica fino a fine febbraio. E poi?

Nessuno lo sa. Come nessuno sa che fine farà Riscossione Sicilia, a cui il governo dedica addirittura un intero collegato, composto però di soli 5 articoli, con cui assegna i fondi necessari raggiungimento dell’equilibrio gestionale, ma non fa parola sul futuro dell’ente. Stando a una legge approvata dalla scorsa legislatura, a quest’ora l’ente per la riscossione dovrebbe essere transitato in Equitalia, soluzione per altro auspicata dai lavoratori della società, ma pare che questo matrimonio sia osteggiato. Non si sa se da Roma o dalla Sicilia. Intanto, con un emendamento della parlamentare regionale Marianna Caronia, approvato all’unanimità in Commissione Bilancio e sostenuto sia dal Governo sia dalle opposizioni, la Finanziaria in discussione all’Ars stabilische che “se entro il 31 dicembre il Governo regionale non avrà ancora stipulato una convenzione con Equitalia per il servizio di riscossione dei tributi e per dare adeguata tutela occupazionale ai dipendenti di Riscossione Sicilia, si potrà procedere alla costituzione di un nuovo soggetto giuridico che si occuperà del servizio in Sicilia”. Per i sindacati, la peggiore scelta possibile.

E quale futuro, infine, c’è da chiederselo anche per il Cas, Consorzio autostrade siciliane. “Chiuderà entro l’anno, c’è l’Anas interessata alla successione. Questa esperienza è conclusa”: era agosto del 2018 quando il governatore parlava cosi. Oggi, invece, l’ente va avanti ancora con vertici dimissionari – alla guida c’era il capo della segretaria particolare di Musumeci Alessia Trombino –  e l’assessore Falcone, rispondendo anche ai deputati regionali grillini che ne chiedono la chiusura, ha parlato di un ente che “è riuscito però a ritrovare una sua dignità, mandando in gara oltre 30 lavori, e avrebbe potuto fare molto di più senza gli ostacoli della burocrazia dello Stato centrale”. La difesa sembra far pensare che il Cas sia lontano dalla via del tramonto, aggiungendo quindi un altro ente alla lista di quelli che si trovano nel caos. Con buona pace di tutti i lavoratori impiegati in queste realtà che navigano a vista tra un annuncio e un altro.

 


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