CATANIA. Sono Anna Maria Sottosanti, e mi sento in dovere nei confronti dei miei familiari, e delle mie nipoti in particolare, di tutelare al massimo la mia onorabilità. Mia e della famiglia da cui provengo e di cui sono fiera ed orgogliosa. Riferisce, ed a me viene riportato, l’avvocato Paolo Sapuppo, da me conosciuto personalmente da 18 anni, e la cui competenza e serietà professionale è unanimemente provata a Catania e presso la Cassazione di Roma, che in un colloquio tenuto all’interno del Tribunale di Catania, per mio conto esclusivo, pochissimi giorni addietro, nella camera del Giudice della Esecuzione, avente in carico il procedimento che mi riguarda, il detto Giudice, abbia precisato a lui rivolto della esistenza di due scuole di pensiero. La prima, che al cliente losco, corrisponde avvocato che merita tale cliente. La seconda che al cliente losco possa anche corrispondere un avvocato di natura differente. Poiché nei confronti degli avvocati, almeno una parte risulta graziata dal requisito caratterizzante il termine losco, per la cliente di cui trattavasi, non risulta neanche codesta eventualità. Essendo io la cliente unica di cui trattavasi, ed essendo a me riferito inequivocabilmente tale termine, prima di esprimere valutazioni nel merito, e non disponendo di studi universitari superiori e laurea, come avviene per i magistrati, ma essendo il mio titolo di studio, soltanto di maestra giardiniera, ho ritenuto bene di avvalermi di un normale vocabolario della lingua italiana, per comprendere a fondo il significato della parola losco.
Ebbene ho trovato due significati. Il primo di ordine pratico, riferito allo sguardo di una persona, inteso come torvo e bieco. E va senz’altro escluso. Infatti non ho mai frequentato le aule giudiziarie, se non una sola volta come parte lesa, avendo subito un furto, e chiamata con dovere civico al riconoscimento dei responsabili. Pertanto mai può avere visto il mio sguardo il detto giudice. Sguardo comunque di una nonna affettuosa. Il secondo, e purtroppo unico che rimane, è quello di “persona di dubbia onestà”. Nell’arco della mia vita questa è la prima volta che subisco un’offesa così grave pesante ed inaccettabile. Poiché l’essere sottoposta a procedura esecutiva, di per sé, che io sappia, non può fare divenire cotali, in quanto nulla ha a che vedere la problematica economica, con la onestà, avendo effettuato tale dichiarazione il detto giudice alla presenza di tante persone, mi risulta oltre all’avvocato Paolo Sapuppo essere state presenti anche due dottoresse, richiedo, come fatto nei confronti dell’avvocato Paolo Sapuppo, lo essersi scusato più volte per avere utilizzato tale parola, che a maggiore ragione, non esistendo nei miei confronti neanche l’incertezza, quella si almeno riconosciuta agli avvocati, che: siano pronunciate scuse, altrettanto pubbliche, come avvenuto per l’offesa.
Ringrazio la redazione in anticipo se vorrà pubblicare il mio scritto.