PALERMO – Tra prescrizione e assoluzioni nel merito alla fine l’unico condannato è l’ex direttore generale dell’Amia, Orazio Colimberti. Gli sono stati inflitti tre anni. Tutti gli altri escono scagionati dal processo. Erano tutti imputati, a vario titolo, per disastro ambientale, avvelenamento di acque, discarica abusiva, traffico di rifiuti. Per il solo Colimberti regge l’unica ipotesi di avere “abbandonato” il percolato in discarica. Anche lui dagli altri reati è stato assolto.
Il procedimento nasceva da un’inchiesta sullo sversamento di percolato e la sua infiltrazione nelle falde acquifere nella discarica di Bellolampo. La quarta sezione del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, ha assolto tutti gli altri imputati, nonostante le pesanti richieste di pena.
Eccoli: l’ex sindaco Diego Cammarata (difeso dagli avvocati Giovanni Rizzuti e Alessia Meli), l’ex liquidatore dell’Amia Gaetano Lo Cicero (difeso dall’avvocato Fabrizio Biondo. Nel loro caso è caduta anche l’accusa di abuso d’ufficio, perché secondo i pm avrebbero rimosso illegittimamente il direttore di Bellolampo, Giovanni Guicciardi, contrario alla loro gestione della discarica), l’ex presidente del consiglio di amministrazione della società Vincenzo Galioto (difeso dagli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano). Ed ancora, assolti pure dirigenti e funzionari: Nicolò Gervasi, Aldo Serraino, Pasquale Fradella (avvocati Emanuele e Oriana Limuti), Antonino Putrone, Fabrizio Leone (avvocato Roberta Pezzano), Luigi Graffagnino, Mario Palazzo. Per Lo Cicero, Fradella, Serraino, Graffagnino e Palazzo alcuni reati sono stati dichiarati prescritti.
Nel 2013 la discarica fu anche sequestrata dai pm Calogero Ferrrara e Maria . Al centro dell’indagine, la formazione dell’enorme lago di percolato, il liquido rilasciato dai rifiuti altamente inquinante, che si è formato nell’impianto di smaltimento palermitano di Bellolampo. Dalle analisi chimiche è emerso che il percolato si è infiltrato nelle falde acquifere e in quattro pozzi privati della zona in cui vennero trovate tracce di solfiti, nitrati e metalli. Il liquame, inoltre, tracimato a valle, avrebbe inquinato il torrente Celona che alimenta il canale Passo di Rigano, le cui acque finiscono nel mare del quartiere Acquasanta.