Dopo cinquecento anni, Catania ha nuovamente la sinagoga - Live Sicilia

Dopo cinquecento anni, Catania ha nuovamente la sinagoga

La comunità ebraica catanese accoglie l'ingresso della Sefer Torah.

CATANIA. Il ritorno della Sefer Torah in Sicilia mette fine a una profonda lacerazione che affonda le radici al 1492. Nell’anno cioè dell’editto di Granada, che ebbe effetti devastanti anche sugli ebrei sefarditi presenti oltre la penisola Iberica. Tutto questo, nonostante gli stessi vedessero nell’Isola l’acher Israel, l’altra Israele. Con “l’intronizzazione” dei rotoli della Legge (il Pentateuco dei cristiani) all’interno del luogo di culto che già da anni accoglie la comunità ebraica etnea, Catania torna ad avere una sinagoga nel pieno delle sue funzioni liturgiche. Appena cinquecento anni dopo.

Un evento storico, dunque. Tant’è che il neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha fatto arrivare i suoi auguri. “I drammatici accadimenti del 1492, privarono la città di una presenza preziosa e dall’alto valore religioso, sociale, cultura e simbolico”, scrive in un messaggio rivolto alla comunità catanese. “Costruire, insieme, una memoria sempre più condivisa e diffusa, soprattutto tra le nuove generazioni, è certamente – continua la seconda carica dello Stato – il migliore antidoto per evitare il ripetersi dei tragici accadimenti del passato e per costruire un futuro di pace, serenità e benessere”. 

Il segretario della comunità ebraica di Catania è Baruch Triolo. Professione avvocato, il nome all’anagrafe è Benito. “Ma è un errore: a casa mi hanno sempre chiamato Benedetto”, ci spiega. Baruch non è altro che la traduzione letterale di Benedetto, infatti. (Il nome del filosofo Spinoza, l’autore dello “scandaloso” Trattato teologico-politico, fino a non troppo tempo fa, veniva italianizzato così). Triolo è un convertito all’ebraismo. Anzi, “un ritornato”. Nel senso cioè – come spiega lui stesso – che la sua famiglia è di origini ebraiche. 

La Sefer Torah appena arrivata a Catania è un dono del rabbino capo della Comunità di Washington, rav Smuel Hertfield. L’ingresso in sinagoga è avvenuto dopo la processione solenne partita da via Antinori. C’è una folta presenza internazionale e istituzionale al secondo piano del castello di Leucatia. Anche il luogo, sebbene oggi di proprietà del Comune, ha in qualche modo a che fare con la presenza di famiglie ebraiche in Città. Si tratta di un maniero in stile gotico regalato dell’industriale Agostino Mioccio alla figlia, che poi però si suicidò gettandosi nel vuoto. Lei oggi riposa imbalsamata al cimitero di Catania e la sua vicenda è stata rievocata dalla giornalista Rossella Jannello. Ma quella è un’altra storia. 

Sebbene il tutto sia avvenuto di venerdì pomeriggio, l’avvio dei lavori della prima sinagoga siciliana dopo secoli, coincide con lo Shabbat, il sabato. (Per gli ebrei, infatti, i giorni si contano a partire dalle prime stelle del tramonto). Da quel momento, infatti, bisogna mettere fine a qualsiasi attività e dedicarsi alla preghiera. Una volta conclusa la lettura della Parashah della settimana, i rotoli saranno chiusi nell’Aron Hakodesh (l’armadio liturgico) e lì resteranno fino al prossimo Shabbat. 

Una giornata di festa. Tuttavia la comunità ebraica di Catania non è riconosciuta tra le 24 che compongono l’Ucei, l’organizzazione che rappresenta le comunità presenti in Italia. I rabbini che guideranno la preghiera verranno infatti da Israele, autorizzati dal Comitato rabbinico centrale con sede nello Stato fondato nel 1948.

“Non siamo e, al momento, non vogliamo essere iscritti all’Ucei – dice Triolo –  L’Ucei dice che la legge, con accordo dello Stato, consente solo a lei di nominare le comunità. Ma quella legge, di fatto, non è altro che una forzatura, perché il diritto di esercitare la propria fede è sancito dalla Costituzione”. E continua: “Fino a quando ci sarà democrazia, non potrà esistere che qualcuno possa decidere chi o cosa possa chiamarsi comunità. La legge che loro citano è un aborto giuridico. Qualora dovessero farci causa, noi impugneremmo il tutto davanti la Corte costituzionale”. 

L’intervento dell’Ucei

L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nei giorni scorsi è venuta a conoscenza dell’invito diramato da una presunta “Comunità Ebraica di Catania”, a firma del suo “Segretario” avv. Benito Triolo, con il quale si annuncia che il prossimo venerdì 28 ottobre 2022, alle ore 17, verrebbe inaugurata la “riapertura della Sinagoga di Catania”, presso il Castello di Leucatia” a Catania. 
Ai sensi dell’Intesa con la Repubblica italiana, recepita nella legge n. 101 del 1989, e dello Statuto dell’Ebraismo italiano, l’UCEI è l’unico soggetto legittimato a istituire una nuova Comunità Ebraica nel territorio del nostro Paese, mediante decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato.
UCEI e Comunità Ebraica di Napoli, nella cui giurisdizione ricade la Regione Sicilia, non hanno mai ricevuto richieste di costituzione di una “Comunità Ebraica” nella città etnea: parlare oggi di “Comunità Ebraica di Catania” rappresenta un falso storico ed una aperta violazione dell’Intesa tra lo Stato italiano ed UCEI, con il rischio di ingenerare negli interessati la falsa convinzione di partecipare ad una tradizionale attività di una Comunità Ebraica, anche dal punto di vista religioso.
Già in passato, nel 2017, l’UCEI aveva provveduto a far conoscere al Comune di Catania la spiacevole situazione, che si era presentata in egual modo, invitando il Comune ad evitare ogni concessione, anche di natura economica, in favore di soggetti od organismi improvvisati e comunque non titolati a parlare a nome di una sedicente Comunità Ebraica di Catania. Oggi si ripresenta la stessa spiacevole situazione.
 L’UCEI ha trasmesso quindi in data odierna formale diffida alle istituzioni locali affinché venga revocato qualsiasi provvedimento concessorio in favore degli organizzatori dell’evento di venerdì 28 ottobre. 
Nel contempo, l’UCEI ha provveduto ad inviare formale diffida a coloro che si presentano come responsabili di questa illegittima iniziativa e che pretendono di costituire una Comunità Ebraica in violazione della legge.


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