La permeabilità dell’Ucciardone. Certo, sono lontani gli anni in cui il carcere palermitano era il grand hotel dei boss con tanto di celle aperte e cibi succulenti, ma anche nel recente passato qualcosa non ha funzionato nel sistema di sicurezza del vecchio penitenziario palermitano. Gli ordini per gestire i traffici di droga partivano anche dall’Ucciardone. E’ quanto emerge dall’operazione antidroga Golden Eggs, eseguita stamani dagli agenti della Squadra mobile e del commissariato Libertà di Palermo. Salvatore Castigliola era il leader del cartello palermitano in affari con il gruppo di nigeriani capeggiato da Francis Wiwoloku.
Wiwoloku comprava cocaina ed eroina all’estero e la rivendeva a Castigliola che si serviva di una rete di pusher per smerciarla in città. I primi affari tra i due sono datati 2005 quando il palermitano era detenuto all’Ucciardone. Nonostante si trovasse in carcere, Castigliola riusciva a comunicare con l’esterno. Si serviva della moglie Giovanna Caronia a cui forniva indicazioni durante i colloqui oppure di un giovane, Domenico Cacicia, che si appostava sotto le mura di recinzione del cercare e urlava messaggi che giungevano alle orecchie di Castigliola attraverso una catena di voci tra detenuti. Altre volte, Castigliola approfittava dei favori di un agente infedele della Polizia penitenziaria, poi identificato e arrestato, che gli faceva giungere dei biglietti.