PALERMO – Guido Spina trascorreva gli arresti domiciliari per malattia in una villa Bunker, a Partanna Mondello. Nel frattempo, dal salotto di casa, regnava nella Gomorra di Palermo con il benestare dei capimafia. Spina ora è stato condannato a vent’anni dal giudice per l’udienza preliminare Roberto Riggio. Nel giro degli affari sporchi e alla condanna ha trascinato pure la moglie Alba Li Calsi, i figli Antonino e Angela, tanti fedelissimi e i pusher della sua rete di spaccio. Diciassette le persone giudicate colpevoli. Due soli gli assolti: Salvatore Vitale e Letterio Maranzano, difesi dagli avvocati Massimiliano Russo e Angelo Formuso. Sono stati subito scarcerati.
Spina non andrà in carcere, neppure stavolta. In cella c’è già finito una dozzina di volte e altrettante lo hanno mandato a casa. Spina ha subito un trapianto di fegato e le sue condizioni di salute sono incompatibili con la detenzione. Come hanno fatto emergere nei mesi scorsi i suoi legali, gli avvocati Francesca Russo e Raffaele Bonsignore, dovrebbe essere ospitato in centro diagnostico terapeutico (sono centri i clinici indicati dal ministero della Giustizia) che abbia tutti i requisiti necessari per accogliere un malato nelle sue condizioni. E cioè cella singola, docce private, cucina ad uso esclusivo per curare l’alimentazione, ambiente sterile lontano da possibili infezioni perché un soggetto trapiantato è altamente a rischio. Una ricerca praticamente impossibile.
L’inchiesta della Direzione investigativa antimafia del giugno 2014 ci portò dentro le viscere dei padiglioni di uno dei quartieri storicamente più degradati della città. Tra droga, abusivismo, soldi sporchi e pizzo. Ne venne fuori uno spaccato, l’ennesimo, desolante a tal punto da spingere il procuratore aggiunto Teresa Principato a dire che “la speranza e l’ottimismo che le cose cambino non sono sentimenti che mi sento sinceramente di nutrire”.
Chi, secondo l’accusa, sguazzava nel degrado erano soprattutto Spina e Vincenzo Cosenza (anche lui è stato condannato a vent’anni). Facevano soldi a palate con la cocaina e l’hashish. La villa bunker di Spina, in via Trapani Pescia, era il cuore pulsante di ogni attività illecita. Lui viveva lontano dalla calca delle case popolari e totalmente abusiva.
Lo Zen 2 era diventato il centro di approvvigionamento per gli spacciatori di mezza città. “Per giovedì compà un pezzo di quaranta mila euro – diceva Cosenza a Spina -… poi c’è quarantaquattro chili di papagna… ne sto uscendo quindici e se tu vedi sono venti chili con quelli della via Cipressi… venti chili poi non so qua come è finita… ancora ne ho qua altri ventiquattro chili”.
Tanta roba e tanti soldi. Ancora Cosenza: “2, 4, 6, 8, 10 e questi sono dieci mila… tieni compà sono riportati qua, 50 chili e mezzo costa mille e rotti ci sono 93.425, gli ho dato un acconto di 35.010 io glielo dico ad Angelo scendimela vieni a Palermo ti do 28 mila euro… perché noi andiamo direttamente dai grossisti… non è che andiamo dai ragazzini… te ne devi andare a Napoli, subito te ne sali da Gennaro ci vai a fare il discorso… prodotto buono e soldi ti devi fare dare da lui… lui ti dice Guido non è possibile, amici come prima scendi e ti fermi da Angelo”.
La droga arrivava in Sicilia da Campania, Calabria e Puglia: “La rischiamo noi altri, la dobbiamo scendere noi, la devo scendere io – diceva Cosenza – uno lo metto a Messina, uno lo metto a Villa San Giovanni, tre telefonini… puliti e io devo passare qua ci vuole Francesco che se ne dovrebbe andare a Villa”. Una volta a Palermo gli stupefacenti venivano subito smistati. Ancora una volta furono le intercettazioni a svelare l’esistenza di una fitta rete di venditori. Spina e Cosenza ne discutevano senza usare alcun linguaggio criptico. Nella villa al civico 34 di via Trapani Pescia si sentivano al sicuro. Non è stato facile per la Dia, d’altra parte, violarne i sistemi di sicurezza, tra doppi cancelli e telecamere di videosorveglianza. Una volta dentro, però, le microspie hanno svelato il grande business della droga: “Davide ti deve dare 450, Francesco ci deve dare 420, 480, 220, 1100 euro me li deve dare Fabio perché gliene ho dati cinque chili… u pallino mi deve dare 10.000 e 500 euro… 8 mila euro ce li deve dare il Masi e 2200 me li deve dare Gioacchino che gliene ho dato un altro chilo… Aldo un 700… Fabio quello di Passo di Rigano 3000… 7 e 50 me li deve dare questo Davide del Michelangelo”.
Non c’era solo la droga. Allo Zen il pizzo si imponeva più per mantenere il controllo del territorio che per fare cassa se si considera che i commercianti erano costretti a versare cinque euro a settimana. Un intero rione sotto il giogo di Spina e Cosenza. Il gommista, il panettiere, il titolare della piccola bottega di alimentari, il fotografo di via Gino Zappa, ad esempio, pagavano il tributo alla mafia.
Questo l’elenco completo degli imputati e le pene inflitte: Guido Spina (20 anni), Vincenzo Cosenza (20 anni), Nicolò Cusimano (8 anni), Francesco Firenze (10 anni), Alba Li Calsi (9 anni), Angela Spina (8 anni), Antonino Spina (8 anni), Maria Valenti (9 anni), Pietro Vitale (9 anni), Paolo Meli (4 anni, 4), Giuseppe Leto (1 anno e 8 mesi), Sebastiano Arnone (3 anni e 4 mesi), Isidoro Cracolici (2 anni), Giovan Battista Di Giovanni (1 anno), Antonino Di Maio (2 anni), Salvatore Giordano (4 anni, ha ottenuto uno sconto in quanto collaboratore di giustizia), Giusto Lombardo (2 anni).