E' arrivato il primo ko | Ma non c'è da disperarsi - Live Sicilia

E’ arrivato il primo ko | Ma non c’è da disperarsi

Contro un Latina ben messo in campo e dallo spirito garibaldino è arrivata la prima sconfitta dell'era Iachini. Ma non strappiamoci i capelli, il Palermo si rialzerà.

Il processo ai rosanero
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PALERMO – E adesso non strappiamoci i capelli! Che la lunga mirabolante scia di risultati positivi del Palermo di Iachini prima o poi dovesse finire, era fisiologico, direi inevitabile. Tutt’al più fa specie che sia successo quando meno ce l’aspettavamo, cioè contro un avversario sulla carta “normale”, di quelli che è sì difficile da battere ma, alla fine, neppure tanto. Si pensava, insomma, che sarebbe stata una partita difficile da sbloccare ma che, una volta schiodata dallo 0-0, sarebbe finita quasi in goleada: leggi Juve Stabia e Trapani. E invece in una domenica stranissima e nell’orario che al Palermo non ha mai portato bene, ci siamo imbattuti in un ostacolo imprevisto ed imprevedibile, una squadra compatta come il cemento armato, che gioca a calcio com’è raro vedere in serie B e, soprattutto, che è venuta al “Barbera” col piglio di chi non ha nulla da perdere, a viso aperto, giostrando da un capo all’altro del campo come non avesse proprio nulla da temere, neanche contro la capolista Palermo.

Insomma, lo ribadisco: adesso non strappiamoci i capelli perché di avversari così garibaldini, così ben messi in campo, che coprono tutti gli spazi, capace di bloccare gli attacchi altrui e ripartire in contropiede come saette, ne troveremo pochissimi Anzi, nessuno, almeno a casa nostra. Quindi, perdere per perdere – si sarà detto Iachini – meglio che succeda contro un avversario così ispirato e tatticamente impeccabile che un domani contro chicchessia, che magari il risultato positivo se lo porta via, dopo averlo scippato. Cosa che nel calcio avviene tutt’altro che raramente, perché è risaputo che non sempre vince il migliore ma il più furbo, quello che ha saputo sfruttare al meglio le poche occasioni avute. Ma non è il caso di Palermo-Latina, risultato finale 1-2. Clamoroso? Tutt’altro, visto quel che han fatto vedere le due squadre in campo (un campo pesante, melmoso, che non ci ha certo favorito, ma non si può dire che sia stato d’aiuto ai nerazzurri del Latina) e cioè un Palermo subito arrembante, che si è proiettato vigorosamente all’attacco ed è ben presto passato in vantaggio con una perentoria azione in profondità che ha portato Verre al cross e Hernandez al colpo di testa dell’1-0.

E’ sembrato, così, che questa strana domenica cominciasse come meglio non era dato neanche sperare, visto che nelle sue precedenti esibizioni interne (escluso il gol lampo di Munoz al Pescara) il Palermo aveva stentato per tre quarti di partita per sbloccarsi solo a metà ripresa e poi sigillare risultato e vittoria solo verso la fine. Ma non avevamo fatto i conti con l’agile, manovriera e combattiva squadra di Roberto Breda, un allenatore subentrato come Iachini e che, ancor meglio di Iachini, è venuto al Barbera forte di una serie di ben 11 risultati utili consecutivi. Sì, il Latina, una neo promossa, che ad inizio campionato giocava (male) e perdeva, ma lo guidava un altro allenatore, uno che noi antichi tifosi rosanero conosciamo bene: Gaetano Auteri, attaccante che vestì la nostra maglia per un paio di campionati, verso la fine degli anni ottanta.

Poi è arrivato Breda e la musica è cambiata manco avesse la bacchetta magica, con cui trasformare tanti rospi in magnifici cigni. Conosco poco Breda, so dei suoi recenti buoni risultati ma non avevo contezza delle sue miracolose virtù taumaturgiche, tipiche di chi arriva a prendere le redini di una squadra che allo sbando totale e, partita dopo partita, la trasforma in una squadra vera. Succede solo ai buoni allenatore ed evidentemente Breda lo è. E ieri al “Barbera” lo ha ampiamente dimostrato perché, seppure andata rapidamente in svantaggio, la sua squadra ha continuato a giocare il suo calcio lineare, possesso palla, trame semplici ma efficaci a centrocampo e due punte veloci e velenose, pronte a colpire. Così, nel giro di una ventina di minuti, il suo Latina ha ribaltato la situazione, su due contropiedi fac-simile, entrambi nati da verticalizzazioni centrali, che, come lama nel burro, bucavano la linea alta della difesa rosanero.

Due volte un uomo solo davanti al povero Ujkani (uno la cui stella senz’altro non vuol saperne di brillare), prima Ghezzal (24’) e poi (45’) Jefferson e 2-1 per il Latina. Al gol del vantaggio nerazzuro è scoccata la fine del primo tempo, mi son guardato attorno e ho visto solo facce sgomente, incredule: “Ehi, ragazzi – ho cercato di scuotere la compagnia – mica è finita la partita, c’è tutto il secondo tempo ancora per pareggiare e poi vincere!”. Insomma, come l’ho pensata l’ho detta, ma mica ho destato chissà quale interesse in giro, perché quelle erano le facce e quelle sono rimaste. Evidentemente, le giovani leve, che mi affiancano in tribuna stampa, alla faccia della mia esperienza che non teme confronti, avevano già capito tutto. E cioè che non era giornata e che per raddrizzare una partita come questa, contro un avversario così organizzato e tenace, ci sarebbe voluto il miglior Palermo della stagione e non certo quello raffazzonato e pieno di buchi (leggi assenze illustri, tipo Sorrentino, Lafferty, Drapelà e Barreto) ieri sceso in campo. E – aggiungo io, vecchio nostalgico di un calcio che non c’è più, almeno dalle nostre parti – uno stadio stracolmo, un tifo vecchi tempi, capace di resuscitare i morti e annichilire l’avversario con i suoi incessanti cori.

Che domenica, ragazzi! Un pianto senza fine era questa pioggia sottile, sembravano lacrime di malinconia, di tristezza. Pare che se l’aspettassero i tifosi una partitaccia come questa e se ne sono rimasti rintanati nel calduccio delle loro case. Eravamo poco più di ottomila, il verde smalto dei seggiolini delle curve riluceva sotto il brillio della pioggia, il Palermo segnava al 17’ e gli ottomila per un po’ sembrarono il doppio, il triplo, ma poi loro pareggiarono e fecero pure il 2-1. Giusto al 45’, fischio di chiusura del primo tempo, quando un silenzio lungo come un mortorio s’impadronì di tutto lo stadio. E non solo dei miei vicini di tribuna stampa con le loro facce sgomente. Che domenica, ragazzi! Nulla da salvare se non due esili ma indubbi motivi di consolazione: la prova sicura di Ujkani ( ma come, qualcuno obietterà, ha preso due gol e tu la chiami prova sicura? Sì, proprio così: un altro Ujkani, quello della passata stagione, non avrebbe evitato il gol del 3-1 nerazzurro) e i segni di ripresa di Hernandez, che mi pare finalmente avviato verso la migliore condizione: con i suoi gol, io dico che ce la faremo a tornare subito in serie A.


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