PALERMO – “Se non ci fosse stato uno come me, si sarebbe dovuto inventare”. Con queste parole, riportate in una intervista concessa a La Repubblica, Leoluca Orlando prova a trasformare in un trionfo la sua sconfitta. Il sindaco che si era impegnato in prima persona per convincere Piero Grasso a candidarsi per la presidenza (tentativo andato a vuoto) e che avrebbe dovuto presentare una forte lista dei territori che alla fine non ha visto la luce, si racconta come il grande vincitore di questa fase politica. E già che c’è, riserva qualche stoccata velenosa a Rosario Crocetta.
Peccato che a uscirne meglio, da questo caos delle liste del centrosinistra, sia proprio il governatore. Messo da parte quando si parlò di candidature, anche perché bisognava sposare il “modello Palermo”, inseguire un “civismo” che oggi suona come una grande ipocrisia. Perché mette insieme, in realtà (persino dentro il listino) uomini con profonde radici nel centrodestra siciliano, lo stesso che appena pochi mesi fa Orlando definì la “palude”. E perché, comunque la si legga, la lista di “Micari presidente”, metterà insieme gli uomini (pochi) scelti da Orlando e quelli di Crocetta. Nella stessa lista, insomma, troveranno posto due mondi politici che non vanno d’accordo praticamente su nulla, dai rifiuti all’acqua, dai rapporti con gli enti locali, alla politica. Orlando, insieme al governatore nei confronti del quale aveva chiesto a più riprese “discontinuità”, per poi trovarsi persino nella stessa lista, sotto lo stesso simbolo, nello stesso progetto politico.
Nelle parole di Orlando al quotidiano, però, non si può non notare la traccia di quella ubriacatura politica forse frutto della vittoria alle ultime Comunali. Gli effetti di quel successo che hanno portato, ad esempio, Orlando a definirsi recentemente uno “statista” in confronto agli altri “politicanti”. Frasi espresse nella giornata in cui il sindaco di Palermo presentò ai giornalisti una “Lista dei Territori” che altro non era se non una “scatola vuota”. Un enorme bluff. Un contenitore puramente retorico, dentro il quale si muovevano pochi, pochissimi candidati.
La maggior parte, infatti, alla fine, li metterà Crocetta. Che – comunque si guardi alla sua esperienza politica e amministrativa – a questa competizione elettorale sta contribuendo in maniera un po’ meno evanescente rispetto al primo cittadino. Orlando invece ha lanciato l’idea, ha scelto il candidato, poi, stando al racconto di alcuni suoi “alleati”, si è defilato. È sparito. Salvo rispuntare con una intervista a La Repubblica per assumersi i meriti di una operazione fallimentare. Un fallimento che sarebbe apparso ancora più clamoroso se non fosse intervenuto, in suo aiuto, proprio il nemico giurato. Proprio quel Crocetta contro cui Orlando ancora oggi punta il dito: “C’è Crocetta candidato? C’è la lista del Megafono?” risponde il sindaco alla cronista che lo ha intervistato. Dimenticando di dire che l’assenza del Megafono è, oggi, frutto di un appello lanciato direttamente dal Partito democratico al governatore, per evitare la figuraccia di una “lista del presidente” praticamente vuota.
E ha ragione Crocetta, che stamattina si è presentato alla sede regionale del Pd, a chiedere, dopo quelle parole di Orlando, una presa di posizione ufficiale del partito. A chiedere, almeno, che il sacrificio (in parte, immaginiamo, compensato da qualche rassicurazione ‘romana’) non venga ripagato persino con gli sfottò. A sperare che almeno, la storia venga raccontata per quella che è: Orlando non è riuscito a realizzare quanto annunciato. Il suo progetto si è arenato presto e malamente, dopo avere ‘costretto’ persino l’Ars a cambiare fisionomia all’ultimo per evitargli l’incombenza di raccogliere le firme (oggi, alla luce del flop della lista, è ancora più chiaro il motivo di quella operazione di trasformismo ‘tecnico’). Il “suo” candidato Micari – una scelta che rivendica anche oggi nell’intervista a Repubblica – è oggi, stando ai sondaggi, lontano anni luce dai candidati più accreditati.
Le liste a sostegno del rettore, nel frattempo, si sono ristrette presto, come fossero state immerse nell’acqua calda: dovevano essere sei, sette, dovevano includere i giovani di “Next”, quelli della lista civetta della sinistra, e ovviamente del Megafono, per il quale Crocetta aveva chiesto a gran voce un riconoscimento politico, ‘battezzato’ dalla direzione regionale del Pd. E oggi il presidente della Regione, nonostante i fallimenti dei suoi governi, al cospetto di Orlando appare un gigante. E di fronte alla richiesta di riporre il Megafono nello sgabuzzino, Crocetta pretende almeno che si descrivano le cose per come stanno: se ci sarà una lista del presidente Micari, si deve alla ‘generosità’ (più o meno disinteressata) del governatore. Che, nonostante tutto, non merita anche le frecciate dello “statista” che non è riuscito a mettere in piedi la lista promessa ai quattro venti.