Il voto di Calogero Mannino in commissione Giustizia della Camera rischia di essere determinante. L’ex leader democristiano, protagonista di una vicenda giudiziaria piuttosto lunga che poi lo ha visto assolto, non si è iscritto sinora al gruppo parlamentare di ‘Iniziativa Responsabile’, la famosa terza gamba del governo nata proprio per far tornare il centrodestra maggioranza in tutte le commissioni, rimanendo al gruppo Misto.
Ma Mannino, spiegano alcuni dei deputati che gli sono più vicini, non è uomo che si faccia convincere facilmente. “Per uno che è stato generale – sottolinea qualche suo collega – è difficile poi tornare a fare il soldato”. Pertanto, nel suo caso, la semplice promessa di posti futuri nel governo o di possibili guadagni non sembrerebbe la strada giusta da percorrere. Così nel Pdl si starebbe facendo un ‘garbato’ pressing nei suoi confronti. Garbato, ma incessante perché il suo potrebbe essere davvero il voto che fa la differenza. E in una commissione che si appresta ad esaminare il provvedimento sul ‘processo breve’, sul quale il Pdl sembra voler puntare tutto per aiutare il premier a risolvere le sue questioni giudiziarie, non è certo un dettaglio di poco conto.
Al momento infatti maggioranza e opposizione sarebbero 24 a 24 (17 Pd, 5 Lega, 2 Responsabili contro 3 Fli, 15 Pd, 3 Udc, 3 Idv) senza contare i voti dei due deputati iscritti al gruppo Misto: Daniela Melchiorre e Calogero Mannino. La prima, esponente dei Libdem ora nel Terzo Polo, alla fiducia su Bondi non si è presentata in Aula, ma il centrosinistra pensa comunque di poter contare sul suo voto. Poi c’è proprio l’incognita Mannino. La maggioranza spera nel suo appoggio, ma lui per ora non assicura niente. “Vuole prima capire la situazione – spiega chi lo conosce bene – e poi si riserva di decidere. In questo modo conserva più potere contrattuale…”. La verità, si osserva nel gruppo dei ‘Responsabili’, è che “noi dovremmo arrivare a 29 per avere davvero la maggioranza in tutte le commissioni e per ora, certi, siamo 21…”.