Stessi nomi in una Sicilia diversa |Si va verso la rivincita del 2012 - Live Sicilia

Stessi nomi in una Sicilia diversa |Si va verso la rivincita del 2012

Cancelleri candidato governatore col M5S. Musumeci e Crocetta  da soli. In 5 anni tutto è cambiato

Verso le Regionali
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PALERMO – Dopo tante polemiche e tanti nomi, tanti valzer e alleanze, la Sicilia alle prossime elezioni regionali potrebbe mostrare la stessa fotografia scattata cinque anni fa. I tre massimi contendenti di allora, infatti, sono ancora lì. Ai nastri di partenza. Alcuni con la “pettorina” ufficiale del candidato, altri pronti a correre comunque, anche con una divisa nuova o recuperata dall’armadio del 2012. Rosario Crocetta, Nello Musumeci e Giancarlo Cancelleri. Il vincitore, il secondo e il terzo arrivato all’ultima gara per Palazzo d’Orleans, hanno già fatto sapere che ci saranno. In un modo o nell’altro.

Di sicuro ha seguito la via canonica, il candidato del Movimento cinque stelle. E del resto, che Giancarlo Cancelleri fosse il (ri)candidato in pectore per i grillini, era noto a tutti. È servita, comunque, la consueta selezione online, le Regionarie, per rendere certissima una cosa già certa. Cosa cambia oggi, per Cancelleri, rispetto al 2012? Intanto bisogna partire dai numeri. Alle ultime elezioni, il candidato nisseno ha ottenuto il 18,17 per cento dei voti, riuscendo a portare a casa una percentuale superiore anche a quella della lista del Movimento che non è arrivato, in quell’occasione, al 15 per cento.

Cosa è cambiato nel frattempo? Molto. Il Movimento da un lato è cresciuto, dall’altro ha dovuto affrontare e sciogliere, in un modo o nell’altro, le prime evidenti contraddizioni. Oggi le Cinquestelle, stando agli ultimi sondaggi nazionali, si attestano attorno al 27 per cento. E nessuno oggi dubita che in Sicilia almeno quella percentuale (e probabilmente un risultato ancora più alto)sia alla portata dei grillini. Restano, però, sul tappeto alcuni “casi” che Cancelleri dovrà provare a gestire in questa campagna elettorale. A cominciare, ad esempio, dalle esperienze amministrative andate male, come nel caso di Gela, dove il sindaco Domenico Messinese è stato estromesso dal Movimento e proseguendo dalle luci e dalle ombre delle gestioni Bagheria e Ragusa, ad esempio. E non è difficile pensare che anche l’eco delle difficoltà vissute soprattutto a Roma da Virginia Raggi possano giungere a un elettorato che in passato è sempre apparso, comunque, moderato nella sua fetta più ampia. A complicare la strada di Cancelleri, poi, le vicende recenti relative all’inchiesta sulle cosiddette “firme false” che ha già portato a processo due deputati regionali grillini, oltre a deputati nazionali e militanti. Lo spettro dell’inchiesta potrebbe indebolire, in questi mesi di campagna elettorale, la retorica ultralegalitaria del Movimento. E qualche tensione interna è già esplosa.

Cinque anni fa, invece, la parola d’ordine era stata “rivoluzione”, urlata attraverso un Megafono. E Crocetta ci riprova andando proprio alle origini. Sarebbe questa, stando anche ad alcuni sondaggi operati dal suo entourage, l’immagine del governatore preferita dal suo elettorato: zaino in spalla, scarpe da tennis e, appunto, il Megafono, simbolo seppellito (e sparito anche da Sala d’Ercole), soppiantato dal tentativo di “Riparte Sicilia” e riesumato adesso, per il Crocetta vol. 2. Che somiglia tanto a quello del 2012.

Ma al di là della superficie, le differenze oggi sembrano tantissime. A cominciare, ovviamente, dal consenso. Che spesso è logorato naturalmente da una esperienza di governo, ma che, nel caso di Crocetta, rischia di essere quasi svanito, come confermerebbero alcuni sondaggi su governatori in carica (ad esempio quello del Sole 24 ore) che piazza Crocetta all’ultimo posto della classifica. Ma il governatore afferma di possederne altri, di sondaggi. Che lo piazzerebbero al primo posto tra i papabili governatori del centrosinistra. Che sia vero oppure no, restano comunque le altre macroscopiche differenze rispetto al 2012. Quando, ad esempio, Crocetta fu individuato, per primo, dall’Udc di Casini e D’Alia. Che è proprio il partito che, per ultimo, ha deciso di tagliare i ponti con l’esperienza di Rosario Crocetta. Si è sbriciolato tra liti e faide, inchieste e accuse, poi, un altro pilastro su cui il governatore ha fondato la sua candidatura: la Confindustria siciliana. Mentre il “nome-simbolo” scelto per la scorsa campagna elettorale, quello di Lucia Borsellino, ha lasciato da tempo questa esperienza, sbattendo la porta e decidendo di lasciare Crocetta al suo destino. Non resta nulla di quel 2012, insomma. E anche il 30 per cento di allora, sembra una chimera. Ma Crocetta ci crede, forte della debolezza di un Pd, “fotografato” in maniera impietosa due giorni fa da Antonello Cracolici che ha sottolineato le divisioni del centrosinistra.

Divisioni che ridanno fiato alle speranza del centrodestra siciliano. Ma i problemi non mancano nemmeno qui. Anzi. La ridiscesa in campo di Nello Musumeci, al momento, non è il frutto di una intesa, semmai dell’ennesimo strappo. Quello successivo alla scelta di Gianfranco Micciché e Saverio Romano di far saltare il tavolo delle primarie. Musumeci ha deciso di andare avanti comunque, e adesso non è escluso che anche gli altri decidano di puntare su di lui, in formazione “vintage”, con tanto di Alfano al rientro nei ranghi della vecchia coalizione. Ma anche questa coalizione è un cantiere. E la candidatura di Musumeci arriva in condizioni del tutto capovolte rispetto al passato. Perché le alternative oggi sono due: andare da solo (con scarse possibilità di vittoria, considerata la legge elettorale che invita alla formazione di coalizioni) o andare insieme a Forza Italia. Cioè con Gianfranco Micciché. Che nel 2012 giocò la sua partita, ma dall’altra parte del campo, ottenendo un 15 per cento che avrebbe fatto molto comodo a Musumeci, che si fermò poco al di sotto del 26 per cento. Uno strappo, quello del coordinatore azzurro col leader di Diventerà Bellissima, che potrebbe ricucirsi in questa occasione. Ma non sempre gli anni che passano seppelliscono i brutti ricordi.


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