Il petrolio ha registrato un netto rialzo già da ieri, 31 maggio, dopo l’accordo al vertice europeo dei 27 Stati membri che ha deciso sull’embargo al petrolio russo. Bruxelles si è impegnata a introdurre “misure di emergenza” in caso di interruzione della fornitura di energia da parte di Mosca, per venire incontro alle richieste del leader ungherese Viktor Orban che pretendeva più garanzie dall’Ue.
La stretta dell’Ue porta un profondo cambiamento nel sistema di produzione e distribuzione del petrolio. Per mantenere la sua posizione la Russia dovrà rivolgersi all’Asia e alla Cina rifornendole via mare. Secondo Bloomberg, il flusso di petrolio russo verso l’Asia è aumentato già del 50% dall’inizio dell’anno. L’Europa sostituirà l’approvvigionamento dalla Russia con forniture dai Paesi africani, come Nigeria, Angola e Camerun.
Da quando la notizia si è diffusa, il prezzo del petrolio è salito nell’immediato di circa il 4% e oltre sui mercati internazionali, portandosi sui 109 dollari/barile, per poi continuare a crescere superando i 111 $/b, mentre nelle ultime settimane aveva viaggiato su una media di 100-105. Tutti rincari che poi, a cascata, si sono riversati sulle quotazioni dei prodotti petroliferi e sui prezzi dei carburanti alla pompa.
Intanto, sarà formalizzato oggi a Bruxelles dagli ambasciatori dei 27 il sesto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia per la guerra in Ucraina. Sì al price cap come misura temporanea: “siamo stati accontentati”, commenta Draghi. Zelensky si dice “grato a tutti coloro che hanno lavorato per questo accordo”, affermando che così Mosca avrà “decine di miliardi di euro in meno per finanziare il terrorismo”.