Ernesto Pino, un avvocato per scelta e militanza convinta

Ernesto Pino, un avvocato per scelta e militanza convinta

Il ricordo, commosso, dell’avvocato Enzo Mellia.

CATANIA. Ci incrociammo, tanti anni fa, nel corridoio che collega l’atrio alla grande vetrata che immette nell’aula della Corte d’Assise. Indossava un abito chiaro, un nodo di cravatta oltremodo ampio, come suggeriva la moda del tempo. Il suo colorito bruno, il suo pronunciato pomo d’Adamo, la sua magrezza. Tutto avvolto in una nuvola di fumo d’una immancabile sigaretta. Lui, incollato a Peppino Trombetta suo maestro e grande conoscitore della letteratura russa e non solo. Ci fu, tra noi, uno sguardo d’intesa come se ci conoscessimo da tempo. Ci presentammo. Il cognome e la provenienza ionica mi indirizzarono, subito, verso sponde laico-socialiste. Nacque un’amicizia nella diversità.

Personalmente, allineato a quel fronte dei penalisti, già sulla via del tramonto, che intendevano coniugare il diritto con altre discipline. Lui, assolutamente moderno e stretto stretto alla giurisprudenza di legittimità. Divenne punto di riferimento, per chi di noi gli riconosceva questo merito/supremazia, delle questioni processuali. Soprattutto sul versante delle intercettazioni. Si distinse per arguzia; soprattutto in Corte di Cassazione che lo vide vittorioso sul tema dell’inutilizzabilità di captazioni disposte in violazione di legge. Mi capitò di ascoltarlo, ammirato, al Palazzaccio per il suo stile stringatissimo che sventrava il cuore delle questioni di diritto. Poi, un ponte amicale tra lui e me costituito dal lucido asse che era Alfio Finocchiaro, Principe del Foro, trafitto anzitempo anch’egli. Sino alla fine ha combattuto, indomitamente, nelle aule. Sempre attento, costantemente aggiornato, mai volgendo al compromesso, ripudiando l’ipocrisia e l’inedia. Lo rivedo mentre mi chiama per appartarci seducendomi con le sue Merit gialle lunghe, con le sue cravatte variopinte, col suo dolce sorriso, pronto al confronto.

Deciso allo scontro, a petto nudo e senza colpi a sorpresa. Aveva la grazia della fanciullezza, la limpidezza di chi ha umana comprensione e detesta la malizia.
Un avvocato per scelta e per militanza convinta. Servo della norma giuridica, schiena dritta e sguardo fiero. Un segno solca l’atrio del Palazzo. L’impronta è la sua.
Si chiama Ernesto Pino.


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