'Esami facili' a Messina | Un docente tra gli arrestati - Live Sicilia

‘Esami facili’ a Messina | Un docente tra gli arrestati

Il maggiore Domenico Cristaldi e il capo centro Dia di Catania Angelo Bellomo in conferenza

L'inchiesta è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina che ipotizza, a vario titolo, i reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al voto di scambio, all'usura e al millantato credito. Tra i coinvolti c'è un docente.

MESSINA
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MESSINA- La direzione investigativa antimafia di Catania sta eseguendo ordinanze cautelari nei confronti di sei persone indagate nell’ambito di un’inchiesta su esami ‘facili’ all’università di Messina. La Dia ritiene di avere scoperto un’organizzazione che influenzava le prove di ammissione alle facoltà a numero chiuso e agli esami universitari. Ai vertici del gruppo ci sarebbe un calabrese ritenuto legato a esponenti della ‘ndrangheta locale. Tra i coinvolti e fermati c’è un docente universitario.

L’inchiesta è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina che ipotizza, a vario titolo, i reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al voto di scambio, all’usura e al millantato credito. I provvedimenti dell’operazione ‘Campus’, richiesti dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Liliana Todaro della Dda peloritana, coordinati dal procuratore capo Guido Lo Forte, sono in corso di esecuzione tra Messina e Brescia.

La Dia ha scoperto una compravendita di esami e titoli di laurea nell’ateneo di Messina da anni al centro di scandali e inchieste della magistratura. Le indagini sono cominciate nel luglio 2012 in vista degli esami di ammissione alle varie facoltà previsti per il successivo settembre, e – dicono gli inquirenti – hanno consentito di individuare un’organizzazione criminale all’ombra della ‘ndrangheta: al vertice vi era Domenico Montagnese.

Attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali, e pedinamenti, appostamenti e riprese filmate, la Dia ha documentato in diretta incontri e pagamenti. L’organizzazione criminale che agiva col metodo mafioso, spiegano gli investigatori, ha anche effettuato tentativi di estorsione a orafi residenti al Nord Italia, e faceva prestiti usurai a tassi mensili del 50% dell’importo del prestito concesso. Il sistema di “favori” e “intercessioni” presso l’Università di Messina emerso dalle indagini andava dal diffuso malcostume della raccomandazione all’efficace e grave interferenza sulle commissioni d’esame tanto da alterare risultati dei test di accesso alle Facoltà a numero chiuso e condizionare pesantemente alcune commissioni esaminatrici per le abilitazioni professionali come quelle per la professione di dottore commercialista. In particolare è emerso che Montagnese e Marcello Caratozzolo, dietro compenso economico, offrissero a vario titolo il loro interessamento per il superamento degli ostacoli ad esami ed abilitazioni.

L’organizzazione criminale dice la Dia “tesseva efficaci relazioni e rapporti d’affari con i docenti – come l’indagato Caratozzolo – nonché con personale amministrativo, con lo scopo di influenzare, dietro pagamento di somme di danaro, l’andamento di esami universitari per interferire sullo svolgimento delle prove preselettive di accesso a Facoltà a numero chiuso, per far conseguire l’abilitazione alle libere professioni, senza che sia mai stata persa di vista e manifestata, con prepotente arroganza, l’origine calabrese dell’indagato Montagnese che ha imposto i propri metodi di intimidazione ed influenza per consentire alla clientela ‘protetta’ richiedente il favore di cui di volta in volta aveva bisogno in cambio di denaro”

Ma questo è solo il primo troncone dell’indagine. “L’indagine non coinvolge solo gli arrestati di oggi c’é un secondo filone che riguarda tutte le facoltà” dell’ateneo Peloritano”. Lo ha detto Angelo Bellomo a capo della Dia di Catania stamani a Messina durante la conferenza stampa sull’inchiesta sugli “esami facili” nell’ateneo peloritano.

“Non possiamo dare numeri – prosegue Bellomo – ma sarebbero coinvolti molti docenti. Il ruolo di promotore e organizzatore delle attività connesse alla cosca era Montagnese che era in contatto con il clan Fabrizia nel Vibonese. Il clan utilizzava questo collegamento per condizionale con metodo mafioso gli esami e l’inserimento soprattutto alla facoltà di Medicina di studenti calabresi”. “L’indagine del centro operativo di Catania – prosegue – è iniziata nel 2012 prima dei test di ammissione all’università di diverse facoltà, dalle indagini fin da subito si è avuta la conferma dei sospetti che nell’ambiente universitario di Messina, ancora una volta, gli esami erano condizionati da fattori e soggetti esterni. Da una lato il metodo mafioso che si realizzava attraverso la figura di Montagnese, già indagato in Panta Rei, dall’altro un metodo ‘politico’ che ha fatto riferimento alla figura di Caratozzolo. L’indagine ‘Campus’ è uno spaccato trasversale di interferenze che hanno interessato l’università ma che si sono allargate”.


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