PALERMO – La notizia arriva direttamente da Facebook grazie all’annuncio di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. E’ in corso una perquisizione della Dia “su mandato della Procura di Caltanissetta, presso l’abitazione dell’inviato di Report Paolo Mondani” e la redazione di Report. “Il motivo – dice Ranucci – sarebbe quello di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta andata in onda nella puntata di ieri sera sulla strage di Capaci nella quale si evidenziava la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato di Capaci. Gli investigatori cercano atti e testimonianze su telefonini e Pc”, dice il conduttore nel suo post su Facebook.
La nota del procuratore di Caltanissetta
“Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda il 23 maggio 2022 – si legge in una nota del procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca – sono state inserite le interviste al Luogotenente dei carabinieri in congedo Walter Giustini e alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima dell’attentato), nonché circa la funzione svolta da Salvatore Biondino quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino”.
“Dichiarazioni smentite dagli atti acquisiti dalla procura”
“Tali dichiarazioni – continua il comunicato del capo della procura nissena – sono totalmente smentite dagli atti acquisiti dalla Procura sia presso gli archivi dei carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti di Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio resi dallo stesso Lo Cicero prima dei su indicati eventi. In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage)”.
“Per quel che riguarda la rilevanza di Salvatore Biondino – continua la nota del procuratore -, Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che negli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che Biondino era l’autista del latitante Giacomo Giuseppe Gambino, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione di Riina, se non in data 22.1.1993 (cioè dopo la cattura del capo dei capi): ‘Vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia’. Allo stesso modo Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che negli interrogatori al Pm e ai carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie”.
“Non compete a questo Ufficio – scrive la procura nissena – esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina. Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il cosidetto ‘depistaggio’ la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto”.
“Inchiesta su genuinità delle fonti, non sul giornalista di Report”
L’inchiesta sul contenuto della trasmissione Report di ieri, con la perquisizione eseguita dalla Dia nei confronti di “un giornalista che non è indagato”, punta a “verificare la genuinità delle fonti” – afferma il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca -. La perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta dal giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio – ricostruisce il procuratore – in una occasione, il giornalista avrebbe incontrato il luogotenente in congedo Giustini non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in suo possesso in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini – aggiunge il procuratore di Caltanissetta – che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo all’attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo”.
Ranucci: “Dato un contributo per esplorare parti oscure”
“Da parte nostra c’è massima collaborazione. Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure”. Così, interpellato dall’ANSA, Sigfrido Ranucci commenta le perquisizioni di questa mattina nella redazione di Report e nell’abitazione dell’inviato Paolo Mondani. “Il collega – sottolinea il conduttore del programma – aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti”. Ranuncci spiega poi che “il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio”. “Non è un atto ostile nei nostri confronti – conclude -. Ovviamente abbiamo messo al corrente l’ufficio legale, l’ad Fuortes e il nostro direttore”.
L’Assostampa di Roma: tutelare la libertà di stampa
“Suscitano perplessità e sconcerto le perquisizioni a casa dell’inviato di Report Paolo Mondani e della redazione del programma di inchiesta di Raitre”. Lo sostiene in una nota la segreteria Associazione Stampa Romana che rileva come “secondo le prime informazioni rilasciate sui social da Sigfrido Ranucci – la procura di Caltanissetta starebbe sequestrando atti e documenti, anche su cellulari e pc, relativi all’inchiesta sulla strage di Capaci trasmessa ieri in cui si evidenziava la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato”. Ci chiediamo, aggiunge l’ASR, “se questa iniziativa della magistratura, pur in presenza di una novità rilevante sulle vicende di Capaci, sia tuttavia compatibile con la tutela del segreto professionale. La tutela delle fonti, l’inviolabilità dei luoghi dove si svolge il lavoro di una intera redazione e degli strumenti di lavoro sono beni preziosi costituzionalmente garantiti sui quali si fonda non solo il giornalismo ma anche il diritto/dovere di informare l’opinione pubblica”.