Fiori Bianchi, condannati | i boss e i soldati di Cosa nostra - Live Sicilia

Fiori Bianchi, condannati | i boss e i soldati di Cosa nostra

La sentenza della quarta sezione penale del Tribunale di Catania.

Il processo ordinario
di
2 min di lettura

CATANIA – Si chiude con una raffica di condanne il processo Fiori Bianchi, stralcio ordinario, che vede alla sbarra boss e soldati di Cosa nostra. Le dichiarazioni di Santo La Causa nel 2013 provocarono un devastante terremoto all’interno della cosca Santapaola, l’ex reggente fece nomi e cognomi, ricostruì organigrammi operativi quartiere per quartiere, paese per paese, tracciando una mappa dettagliata delle squadre del clan. Al centro degli affari dei Santapaola il racket delle estorsioni che ha garantito il potere militare sul territorio ed entrate fisse per sostenere anche gli affiliati detenuti e le relative famiglie. Un maxi blitz che portò in carcere 77 indagati, la maggior parte dei quali hanno scelto il rito abbreviato già arrivato al secondo grado di giudizio.

La sentenza della quarta sezione penale del Tribunale di Catania, presieduta da Michele Fichera, è arrivata poco prima delle 14. Le condanne: Alfio Amato, 9 anni e 10 mesi di reclusione, Santo Battaglia, sei mesi di isolamento diurno come a titolo di continuazione per condanna all’ergastolo, Alfio Bonnici, 11 anni e 8 mesi, Bernardo Cammarata, 3 anni di reclusione a titolo di continuazione con altra sentenza, Antonino Castorina, 5 anni, Salvatore Faro, 11 anni e 8 mesi, Francesco Ferrera, 4 anni a titolo di aumento per altra sentenza di condanna, Francesco Filloramo, 3 anni e 200 euro di multa, Salvatore Politini, 5 anni e euro 400 multi (riconosciute le attenuanti generiche), Giuseppe Seminara, 7 anni e 2 mesi, Angelo Testa, 11 anni e 8 mesi, Salvatore Torrente, 2 anni a titolo di aumento con altra sentenza di condanna.

Tra gli imputati del processo ordinario spiccano i nomi di Santo Battaglia e Alfio Bonnici, ai vertici – secondo la Procura – della cupola dei Santapaola-Ercolano. In particolare l’ergastolano Santo Battaglia è ritenuto il capo storico del “gruppo” operante al Villaggio Sant’Agata,  e – secondo quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia – non avremmo mai staccato i legami con la cosca tanto da percepire un mensile di mille e cinquecento euro. Altra figura da evidenziare è Francesco Ferrera, difeso dall’avvocato Giorgio Antoci. L’accusa lo ha dipinto come l’intermediario “economico” del clan. Sarebbe stato il ponte di collegamento con il mondo imprenditoriale e avrebbe avuto anche l’autonomia di individuare i “prestanome” a cui intestare quote societarie al fine di evitare provvedimenti e sequestri.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI