PALERMO – Alberto Acierno, ex presidente del Gruppo misto dell’Ars ed ex direttore generale della Fondazione Federico II, condannato per peculato, a 6 anni e 6 mesi, ha agito “consapevolmente e in modo premeditato” ed ha tenuto nel processo un comportamento “mendace”. E’ uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con cui la quarta sezione del Tribunale ha condannato a novembre scorso l’ex deputato regionale, accusato di essersi appropriato di fondi – circa 150 mila euro – dell’Assemblea regionale e della fondazione. Il collegio, presieduto da Vittorio Alcamo, ha anche condannato Acierno all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a risarcire 102 mila euro alla fondazione e 42 mila all’Ars che erano rappresentati dall’avvocato Enrico Sanseverino.
Per la vicenda del Gruppo misto, scrive il collegio, Acierno “ha agito nel modo accertato pur essendo pienamente consapevole di essersi già appropriato delle somme a destinazione vincolata non ancora spese, atteso che, al momento delle sue dimissioni, il conto da lui stesso gestito era praticamente vuoto”. Per i soldi della Fondazione (spesi in casinò e viaggi), Acierno ha detto di averli compensati con il suo stipendio. Ma “i prelievi di denaro contante dalla cassa – prosegue il Tribunale – effettuati dall’Acierno nel corso del 2007, sono risultati ben superiori all’importo dei suoi emolumenti per l’intero periodo in esame. Tale comportamento dell’Acierno dimostra non solo la volontarietà della condotta ma addirittura un dolo intenzionale univocamente finalizzato a gestire in totale autarchia ed autonomia i conti della Fondazione, senza limiti di sorta e controlli”. Infine, è falso l’eventuale compenso che Acierno diceva di vantare nei confronti dell’Ars come “consegnatario” delle opere artistiche oggetto della mostra per il 60/simo anniversario della prima seduta dell’assemblea.
“L’ex presidente dell’Ars Micciché ha riferito e ribadito con chiarezza adamantina che, a fronte dell’incarico di consegnatario delle opere d’arte, da lui conferito per iscritto all’Acierno, non era stato concordato alcun ulteriore compenso”. Il collegio evidenzia “la sfrontatezza di alcune condotte, che hanno suscitato stupore e sdegno nell’opinione pubblica. Episodi caratterizzati, inoltre, da una sostanziale premeditazione sia nella commissione delle condotte appropriative che in quelle finalizzate all’inquinamento delle prove e anche all’ottenimento dell’impunità”. (fonte Ansa).