PALERMO – L’accusa è quella dettata dall’articolo 377 bis del codice penale, che punisce chi “induce” un teste “a rendere dichiarazioni mendaci davanti all’autorità giudiziaria”. L’indagato è il candidato a sindaco del Movimento 5 Stelle Ugo Forello, vincitore delle comunarie. L’inchiesta nasce dall’esposto dei grillini finiti sotto accusa per la storia delle firme false. A loro dire Forello sarebbe stato il grande regista dell’indagine che ha portato alla luce le firme false consegnate nel 2012 in occasione delle Amministrative di Palermo. La Procura della Repubblica ha chiesto di archiviare l’indagine a carico di Forello, ma il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa, che ha ricevuto l’opposizione dei deputati nazionali alla richiesta d’archiviazione, ha deciso di andare avanti e fissare l’udienza nel corso della quale sentire le parti. La vicenda, merita, dunque un approfondimento. Al termine dell’udienza in cui sentirà le parti, il gip potrà archiviare, chiedere un supplemento investigativo o imporre al pm l’imputazione coatta.
Secondo gli autori dell’esposto, Forello avrebbe “millantato” la possibilità di mettere in contatto La Rocca con l’aggiunto Dino Petralia. Gli stessi pm hanno, però, ritenuto non qualificabile l’ipotesi del millantato credito perché mancavano i presupposti del reato e cioè il fatto di “ricevere, far dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione presso un pubblico ufficiale”. Nonostante ciò, la stessa Procura ha ritenuto di dovere proseguire l’indagine inquadrando la vicenda nell’ipotesi nel 377 bis del codice penale. Anche in questo caso, però, terminato l’approfondimento investigativo, secondo i pubblici ministeri “mancano gli elementi primari e costitutivi del reato”. Insomma, si può escludere che Forello abbia “esercitato violenza o minaccia, o a promettere denaro alla La Rocca”. Da qui la richiesta di archiviazione, che però, secondo il gip, non va accolta subito, ma merita un ulteriore approfondimento investigativo che sarà fatto in udienza l’8 marzo.
Agli atti del fascicolo è allegata anche la nota del procuratore aggiunto Petralia, nella quale il magistrato spiega l’origine dei suoi rapporti con l’avvocato Forello. Rapporti esclusivamente professionali nati dall’attività del procuratore, che si occupa anche dei benefici di legge goduti da chi denuncia le estorsioni, e dall’attività di Forello che è stato coofondatore dell’associazione antiracket Addiopizzo.
L’intricata vicenda che si annoda a doppio filo con l’affare firme false prende le mosse da un esposto dei deputati nazionali presentato a metà dicembre. Il movimento è in piena bufera: di lì a poco sarebbe arrivata l’iscrizione nel registro degli indagati dei deputati nazionali Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, oltre che dei portavoce all’Ars Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio. Nuti, Mannino e Di Vita, insieme con le colleghe Lupo e Di Benedetto, che non sono indagate, decidono di presentare un esposto contro Forello: il cuore della controffensiva è una mail che l’avvocato ha inviato a Francesco Lupo, fratello della deputata Loredana, a ottobre. Nel messaggio si faceva riferimento ad una mediazione da parte del legale con Petralia, incaricato dell’inchiesta. Dalla mail emergeva un invito a contribuire alle indagini “con un atteggiamento attivo piuttosto che passivo”, ma anche la “disponibilità a “fare da ponte-tramite” con la Procura. Nell’esposto, firmato dall’avvocato Domenico Monteleone, si parlava quindi di “riferimenti e ammiccamenti debordanti rispetto alla normale dialettica dei rapporti tra magistrati ed avvocati e che fa pensare ad una complicità soverchia e, quanto meno, sorprendente dello stesso avvocato con la magistratura palermitana”. Si sollevava, dunque, il dubbio di un condizionamento del pm, spiegato con le parole “inopinato rapporto”, che aprirebbero “un vulnus nella credibilità delle istituzioni deputate al potere giudiziaria di questa Repubblica”. Circostanze smentite da Petralia nella sua nota.
L’indagine corre in parallelo a quella sulle firme false, riconosciute tali da una perizia. Secondo i pm, comunque, le dichiarazioni di La Rocca sono tutt’altro che mendaci. Il racconto della deputata, autosospesasi dal Movimento cinque stelle, è stato infatti riscontrato dai periti nominati dalla Procura che hanno confermato: le firme sulla lista elettorale furono ricopiate.
*Aggiornamento ore 14.26
“I pm comunque non hanno ravvisato alcun reato tanto da chiedere l’archiviazione nel giro di un mese”, dice Forello. “Il giudice non vuole ‘vederci chiaro’ come scrive qualcuno, ma deve fissare un’udienza nel caso in cui ci sia opposizione all’archiviazione. Il giudice non deve nemmeno entrare nel merito della questione. Non si pronuncia sulla fondatezza della questione. E’ una cosa normale, sono molto sereno. Del resto la stessa Procura ha chiesto di archiviare il caso”.