La metamorfosi di Francesca: | "Sono semplicemente un uomo" - Live Sicilia

La metamorfosi di Francesca: | “Sono semplicemente un uomo”

Testimonianza sfogo di un transgender catanese vittima di discriminazioni e intolleranze. "Le persone più cattive? Le donne".

CATANIA – All’anagrafe è riconosciuta come Francesca, nata 43 anni fa a Catania. Oggi è Francesco Alex. Sin dall’età di tre anni aveva capito che quel corpo non le apparteneva. “Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo – commenta nella nostra lunga chiacchierata – l’adolescenza poi, quando il corpo di una donna comincia ad esplodere in forme, è stata davvero difficile: io sapevo di non essere ciò che riflettevo allo specchio. Sapevo perfettamente di essere un uomo”.

Una vita difficile la sua. Un padre gravemente malato, un tumore all’ovaia sinistra, un matrimonio, con il suo migliore amico, vari tentativi di suicidio, violenza psicologica indotta anche da camici bianchi, hanno reso la vita di Francesco un girone infernale. “Nessuno mi restituirà la mia vita – spiega – pur sapendo sin dalla tenera età di essere un uomo, gli psicologi mi hanno da sempre considerato un caso umano, tentando ogni qualvolta se ne presentava l’occasione, di convincermi del mio essere donna.

Mi dicevano “sei una bella ragazza, piaci a molti, datti una possibilità”, e così – prosegue Francesco – vivevo in balìa di fantocci poco preparati che mi costringevano a rimandare l’inizio della mia transizione da donna a uomo, cercando di essere ciò che la gente mi diceva”.

La società. “Abbiamo perso la compassione che proviene dal cuore, con cinismo, indifferenza, cattiveria e con una morale marcia e bigotta” ci racconta Francesco che, pur essendo stato accettato dalla propria famiglia, e persino dai nonni, ogni giorno subisce discriminazioni anche da chi rappresenta la sua quotidianità, ed è per questa ragione che preferisce non mostrarsi in viso. “Sono certo che perderei il lavoro – commenta – sono impegnato nel mondo della ristorazione e la moglie del mio titolare non mi ha mai visto di buon occhio. Se mettessi in pubblico la mia faccia per me sarebbe la fine, la cattiveria più dura spesso proviene proprio dalle donne”.

Oggi Francesco è in piena metamorfosi, il seno a causa delle cure ormonali si è sgonfiato, la massa muscolare è cresciuta e la voce si è fatta più rude, ma il cammino è ancora lungo. “In questa fase della mia vita sono un perfetto mix tra uomo e donna – ci spiega – a volte la gente, soprattutto i bimbi e gli anziani, mi chiedono se io sia uomo o donna. Purtroppo per molti siamo un fenomeno da baraccone, a causa anche di certi carnevali che omosessuali e transgender organizzano facendo passare di noi un’immagine davvero umiliante”. Una virilità intima difficilmente raggiungibile.

“So benissimo che probabilmente non avrò mai gli organi genitali maschili, basti pensare che un intervento del genere persino negli Usa ha una bassa percentuale di riuscita. Ma perché un essere umano deve essere giudicato dai suoi genitali? Ci sono tanti uomini biologici senza pene, dovremmo quindi non considerarli veri uomini?”. Nella vita del 43 enne tante delusioni e sofferenze hanno provocato in lui determinazione e voglia di reagire.

“La società spesso ci volta le spalle, così come la legge. Non ci sono centri specializzati adatti a sostenerci, ma soltanto volti a cambiarci. Senza considerare poi le spese. Cosa dobbiamo fare per vivere? – si chiede Francesco – Come dovremmo pagarci le spese legali?”.

Francesco racconta anche la sua esperienza nei centri. “Dovrebbero aiutarci, ma non hanno sostegni adeguati. Talvolta ci sono individui senza scrupoli con preconcetti, quasi come se volessero insinuare “ammazzatevi e levati dalle scatole”. Parole dure cariche di dolore. “Ho capito che non serve a nulla fare viaggi o denunciare, c’è troppa omertà”.

A chi vorresti allora lanciare un appello? “Allo Stato Italiano – risponde – subiamo discriminazioni da chiunque, dagli omo e dagli etero, io non voglio essere considerato come un “malato da guarire”. Chiedo quindi più sovvenzioni, meno restrizioni, più attenzione al disagio partendo dai bambini, più centri d’ascolto, ma che ci aiutino davvero”.

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