Fratel Biagio, Schillaci: le notti magiche furono infinite

Fratel Biagio, Schillaci: le notti magiche furono infinite

Rideva, scherzava, si arrabbiava, parlava in dialetto. Non trasformiamolo in statua.

Fratel Biagio Conte non sarà mai un santino, una statua, un monumento di marmo. Sarà, anche dopo che il suo cuore ha smesso di battere, la grandezza di un esempio che non è mai montato sul piedistallo, avendo scelto la strada dell’umiltà. Era umanissimo, Biagio. Sapeva ridere e scherzare. Sapeva parlare in dialetto stretto. E poteva arrabbiarsi moltissimo, per le ingiustizie, manifestando un carattere risoluto. Aveva la forza della dolcezza. E conosceva vie impervie e durissime.

Michelangelo, figura storica e generosa della Missione, in via Decollati, ha vegliato, pregato e sperato. Giovedì scorso, quando Palermo ha iniziato a precipitarsi nella Cittadella perché aveva saputo, lui si è messo davanti alla porta della stanza-infermeria, dove c’era il corpo di Biagio, e ha regolato il traffico del dolore, con amicizia e sensibilità. Anche Michelangelo ha un mondo di storie da raccontare, nel cuore di questa storia immensa.

“Biagio – dice – amava la musica e andava pazzo per Eros Ramazzotti. Quante volte abbiamo cantato insieme. Pure qualche giorno fa, ha aperto gli occhi, mentre suonavo la chitarra. Ho cominciato a sentire parlare di lui negli anni Novanta. C’era stato il Mondiale in Italia e la gente andava pazza per Totò Schillaci, per il calcio. Mia mamma ripeteva: ‘Lascia perdere la partite che non sono importanti, voglio avere notizie di di Biagio Conte. Hai sentito di Biagio Conte?”.

La trasmissione ‘Chi l’ha visto’ aveva drizzato le antenne su quella storia che sembrava ancora un semplice fatto di cronaca. Proprio in quell’anno, infatti, nella primavera del 1990, il signor Conte Biagio, rampollo di una famiglia borghese, aveva deciso di lasciare tutto e cominciare a essere Biagio Conte. E furono gli anni Novanta, un decennio fondamentale, con il pellegrinaggio fino ad Assisi e il ritorno a Palermo, gli anni delle notti magiche e di Totò Schillaci, a costruire un cammino che non si è interrotto con l’addio terreno del viandante.

Ha ricordato Leoluca Orlando, nei giorni prima della dipartita: “Biagio era ancora alla stazione centrale a prestare assistenza ai senza dimora, quando nel ‘95 gli abbiamo dato l’edificio comunale abbandonato di via Archirafi, la sua prima missione. Ci furono molti problemi. Gli uffici avevano dei dubbi sulla legittimità del provvedimento. Io dissi a tutti che mi assumevo la responsabilità piena della mia decisione. Poi, è andata bene e l’opera benefica di Biagio Conte si è allargata e durerà anche dopo la sua fine terrena”.

Ed è vero, quello che è stato seminato andrà avanti. Fratel Biagio non sarà mai una statua e con noi resteranno i miracoli del suo cuore. I prodigi di chi prese le notti magiche e le rese infinite (Roberto Puglisi)


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI