Titti Bufardeci, capogruppo di Grande Sud, veste i panni del notista politico e in un comunicato stampa riassume: “Il vero dato politico è la rottura dell’asse Udc-Pd”. Azzeccandoci, almeno in parte. Perché il sorprendente esito della confusa capigruppo di oggi, che secondo i proclami dei giorni scorsi avrebbe dovuto accelerare a tavoletta sulla mozione di sfiducia a Lombardo e invece si è conclusa addirittura postergando la data di dimissioni del governatore, fotografa una crepa profonda tra democratici e casiniani, ma non solo. L’altra faccia della medaglia è quella che senza giri di parole in politichese racconta un comunicato durissimo del leader dell’Udc che definisce la scelta di mettere in soffitta la sfiducia a Lombardo un atto “di cialtroneria istituzionale frutto di quella maggioranza trasversale che in questi anni ha prosciugato le casse della Regione Sicilia provocandone il dissesto finanziario”. Secondo l’Udc, l’unico partito a non votare il documento partorito dalla capigruppo, quelle di oggi sono le prove generali di ricompattamento di un vecchio centrodestra. Una lettura che rende ancora più ardua la comprensione della scelta del gruppo del Pd.
Perchè se Antonello Cracolici ha minimizzato la vicenda, parlando di “polverone” montato ad arte sul nulla, la scelta dei democratici è risultata più che indigesta ai potenziali alleati in vista delle prossime regionali. Da sinistra, l’Idv è tornata alla carica con le note accuse di intelligenza con Lombardo, così come Sel. Dal centro, l’Udc muove accuse analoghe, facendo nomi e cognomi, quelli di Lumia, Cracolici, Crocetta e Venturi, tirati in ballo dal durissimo comunicato di D’Alia, che interpreta sempre di più ormai il ruolo di anti-Lombardo a Sala d’Ercole. Al segretario dell’Udc ha risposto il collega del Pd Giuseppe Lupo, che scarica su Cascio la responsabilità della scelta del rinvio al 31 luglio, invitando i centristi a un incontro chiarificatore nei prossimi giorni.
Insomma, il “fidanzamento” tra democratici e casiniani conosce da subito le prime burrasche. Che, c’è da scommettere, avranno un’eco all’interno del Partito democratico. Oggi i mal di pancia, nell’apprendere dell’esito della capigruppo, erano notevoli. E c’è da aspettarsi che la corrente Innovazioni, quella più decisa sulla linea del patto con l’Udc, batta un colpo nelle prossime ore.
Soddisfatti, invece, gli autonomisti dell’Mpa che stamattina avevano messo sul chi va là i democratici, avvisandoli che un voto di sfiducia avrebbe compromesso future alleanze. Sulle quali, probabilmente, un pezzo di Pd ancora spera. I lombardiani gongolano: dopo il passaggio di oggi, malgrado la data di scadenza già scritta, il governatore appare più forte.
Intanto, un nuovo cavallino di Troia ha fatto il suo ingresso in Assemblea, sotto forma di ordine del giorno. Lo hanno presentato Livio Marrocco di Fli e Giovanni Barbagallo del Pd. Chiede, alla luce dei passetti mossi alla Camera dal disegno di legge tagliadeputati, di spostare le elezioni se sarà necessario, per permettere di eleggere un’Ars dimagrita. Con l’aria che tira a Sala d’Ercole (i cui inquilini non sembrano divorati dalla voglia di togliere il disturbo), c’è da aspettarsi che il tema diventerà caldissimo da qui al 31 luglio. E Caronte non c’entra.