Gabriele "il ciuco" e la maestrina - Live Sicilia

Gabriele “il ciuco” e la maestrina

Se il ministro Gelmini passa di qua legga questa storia vera. Racconta da sola molto più di mille trattati di sociologia. Fotografa l'esistente, la mancanza di sogni di più generazioni.

Gabriele suona il campanello della casa della maestrina ogni giorno alle tre del pomeriggio. Porta il libro tutto spiegazzato e mal ridotto dei compiti delle vacanze sotto braccio. Ha dodici anni ed è sovrappeso per le troppe merendine che mangia,  prende ripetizioni di francese perché  a scuola è un po’ “ciuco”.
Ogni giorno ripassa i verbi, gli articoli e i pronomi. Poi qualche minuto di lettura in francese e quei maledetti dittonghi che non azzecca mai e che la sua maestrina deve correggere ad ogni istante.
Per pagare la ragazza del doposcuola, la mamma di Gabriele fa la sarta: cuce tende per i salotti delle case buone e va sempre di fretta. Ogni giorno lo accompagna fino alla porta della maestrina e gli raccomanda di parlare in italiano, ma Gabriele la bacia sulla guancia e le dice: “Ni viremu chiù taddu!”.
Quando pasticcia sul quaderno, la maestrina triste lo riprende e Gabriele allora gira la faccia fuori dalla finestra e guarda il mare: la sua vera passione come quella del padre che lui dice “potta li navi rossi na lu mari” e che non vede da sei mesi.  Quando il padre sarà di ritorno gli regalerà il  telefono cellulare e nel frattempo fa un grosso sorriso pensando a quel giorno.

In quella cameretta piena di libri e fogli, Gabriele si sforza di parlare in francese e inizia contando fino a venti : “Un, deux, trois…” mentre la sua maestra correggendo la pronuncia si chiede a che cosa le è servito studiare se adesso non può fare il lavoro che le piace.
Per sbarcare il lunario ogni giorno dà ripetizioni a quel bambino che ha negli occhi il mare, sogna di fare il capitano per i sette mari e che è in grado di riconoscere ogni tipo di pesce. Invece lei,  la maestrina  che vuole conoscere il mondo e scrivere storie, sa al massimo aprire un libro e tuffarsi dentro quelle pagine  per un paio d’ore, mentre in pescheria non distingue un’orata da una triglia.
Gabriele  è contento, a dodici anni tutto è ancora possibile. Non sa che la sua maestrina di ventotto anni che lui guarda come fosse un’aliena perché nelle pareti ha appeso titoli e riconoscimenti, non sarà mai insegnante in una scuola, non scriverà storie per alcun lettore.

Domani, forse, la maestrina sempre più triste parlerà francese prendendo le ordinazioni dei turisti al un tavolo di un  ristorante mentre Gabriele, diventato uomo, conterà i pesci nella rete che ha gettato in mezzo al mare : “unu, dui , tri …”.


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