PALERMO – “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?”. La frase di qualche giorno del premier Mario Draghi ha scatenato le polemiche eppure pone il tema della guerra economica accesa dall’Europa alla Russia. Le immagini che arrivano dal fronte ucraino interrogano gli europei e stanno spingendo le autorità a decidere l’embargo sui prodotti energetici provenienti dalla Russia. Draghi dall’altra parte non ha fatto segreto di riconoscere che i proventi delle forniture energetiche all’Europa finanzino la guerra in Ucraina.
Dall’indomani dello scoppio della guerra il governo italiano è impegnato così a trovare altri Paesi da cui importare le materie prime energetiche. Lunedì prossimo il presidente del Consiglio sarà in Algeria dopo che nel Paese africano da cui già compriamo gas è volato più volte l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
I tempi non sono immediati e soprattutto i miliardi di metri cubi di gas russo che usiamo ogni anno non sono facilmente sostituibili. Infatti, secondo le ultime previsioni fatte da Bankitalia e pubblicate nel Bollettino economico dell’8 aprile l’eventuale interruzione dei flussi di gas russo potrebbe essere compensata per circa due quinti (quindi solo per il 40 per cento, ndr) entro la fine del 2022 e senza intaccare le riserve nazionali di metano, attraverso l’incremento dell’importazione di gas naturale liquefatto, il maggiore ricorso ad altri fornitori e l’aumento dell’estrazione di gas naturale dai giacimenti nazionali.
Intanto qualcuno parla dell’arrivo di nuova austerity, quella dell’energia. Ne ha accennato prima della famigerata frase di Draghi il 16 marzo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. «Questo momento storico ci fa rendere conto di quanto sia importante ridurre gli sprechi. Il risparmio energetico è un comportamento intelligente, rispettoso di chi è meno fortunato di noi e un pilastro della transizione ecologica», aveva dichiarato.
Intanto si parli di “risparmio energetico” o “austerity” iniziano ad arrivare le prime misure di contenimento. Una norma prevede che fino dal primo maggio e fino al 31 marzo 2023 nella pubblica amministrazione l’aria condizionata dovrà essere impostata a 27 gradi con un margine di tolleranza fino a 25. In inverno si prevede che «la media ponderata delle temperature» nei singoli ambienti degli edifici pubblici non debba «superare i 19 gradi centigradi +2 gradi di tolleranza». Si tratta della riduzione di un grado solamente.