Per la giudice del Tribunale di Messina Valeria Curarolo, quelle frasi nei confronti del candidato Luigi Genovese andavano oltre ciò che è “coperto” dall’immunità parlamentare. Per questo motivo, è stata respinta la richiesta di archiviazione del Pubblico ministero ed è stata disposta l’imputazione coatta per Alessandro Di Battista.
Il big del Movimento cinque stelle, che oggi non ricopre incarichi pubblici, aveva puntato il dito contro il giovane Genovese in quei giorni candidato alle Regionali siciliane e oggi deputato dell’Ars. Luigi è il figlio di Francantonio già condannato in seguito alle inchieste che riguardano la Formazione professionale in Sicilia. Di Battista aveva attaccato Genovese jr più di una volta, ricostruisce l’ordinanza della giudice. In un caso anche durante il programma di Barbara D’Urso.
Le parole di Di Battista
Cosa aveva detto Di Battista? Il 21 gennaio 2018 il grillino, ospite di “Domenica Live” aveva dichiarato: “Io pensa, ero in Sicilia a fare campagna elettorale questa estate, in Autogrilli, e ho conosciuto un signore che è venuto da me, si è voluto fare una foto con me e mi ha detto: ‘sono del Movimento 5 Stelle, guarda il braccialetto del 5 Stelle’, mi ha fatto vedere il telefonino. Postava tutti i nostri interventi in Aula Gli ho detto: ‘Bene, allora voterai 5 Stelle. Ce la possiamo fare’. Lui mi ha detto: ‘Io sono del Movimento 5 Stelle, ma non posso votare Movimento 5 Stelle. Devo votare Genovese altrimenti perdo il posto di lavoro’.Ecco vedete, ri ragiona purtroppo in questo modo un po’ in Italia. Il problema è che, fino a che non libereremo il voto, lo renderemo del tutto libero – poi uno potrà votare Forza Italia, Pd, Legao Movimento 5 Stelle – ci sarà un voto, Barbara, pilotato che non permetterà poi una giusta libertà da parte dei cittadini”. Più o meno gli stessi concetti erano stati espressi anche durante il programma di La7 “DiMartedì”.
Niente immunità
Secondo la giudice, le parole di Di Battista non sono coperte dall’immunità parlamentare perché, affinché questo diritto fosse garantito, era necessario un “legame” tra le frasi e l’attività parlamentare. Un “nesso funzionale” che secondo la giudice non è riscontrabile nelle parole di Di Battista. Che, tra l’altro, avrebbe travalicato anche il diritto di cronaca o di critica. Non sarebbero infatti stati rispettati né i principi della “continenza verbale”, né della “verità del fatto storico posto a fondamento delle stesse”.
“Ha offeso l’onore di Genovese”
E così, secondo la giudice, “è di tutta evidenza l’oggettiva idoneità delle affermazione in parola a ledere l’onore e la reputazione del querelante, lasciando intendere che quest’ultimo abbia ottenuto il proprio consenso elettorale sulla scorta di minacce perpetrate ai danni degli elettori al fine di indurli a votare a proprio favore”. Così, è stata rigettata la richiesta di archiviazione presentata dal pm. Il pubblico ministero entro dieci giorni dovrà formulare l’imputazione per Di Battista.