Giuseppe, ma tutti affettuosamente lo chiamano Pippo, è un eroe; un eroe moderno della pazienza e della sopportazione. La sua vita difficile gli ha insegnato questo. Pippo è disabile e passa le sue giornate su una sedia a rotelle. È lo zio di Simone Neri, quel ragazzo che, sacrificando la propria vita, ne ha donate nove, a cominciare proprio da quella “sulle ruote” di Pippo che, la tragica sera del primo di ottobre, ha sottratto dalla furia omicida del fango.
E mentre le istituzioni nazionali e locali si scervellavano e tuttora spremono le meningi per ricordare la figura del coraggioso ufficiale di Marina, mentre ai fratelli vengono consegnati premi, intitolate scuole e in primavera il lungomare di Barcellona Pozzo di Gotto porterà il suo nome, Pippo paziente fino alla sopportazione, ha passato quasi due mesi su una piccola sedia a rotelle, inadatta per la sua patologia, rimediata nelle ore concitate di quei giorni di soccorsi drammatici, senza poterne avere una con le misure adatte. Pippo ha fatto le piaghe su quella sedia e ha sopportato anche quelle. Solo qualche giorno fa finalmente è passato dall’albergo un tecnico sanitario per prendere le misure. Adesso si aspetta.
Appresa la notizia il sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, si è precipitato a portare conforto alla famiglia Neri, simbolo di questa tragedia, e ai tanti, troppi, sfollati che ancora vivono negli hotel. Il primo cittadino ha assicurato che, nonostante la bocciatura in Senato dell’emendamento D’Alia-Finocchiaro inserito in Finanziaria al fine di recepire 100 milioni di euro da utilizzare per le aree alluvionate, i fondi ci sono e arriveranno dal ministero dell’Ambiente: un miliardo di euro, garantiti dal ministro Stefania Prestigiacomo, che sembrano pronti perché, come spiega il deputato messinese del Pdl, Francesco Stagno d’Alcontres, “Al ministero si stanno preparando i programmi, vale a dire già valutate quali sono le aree di intervento, si stanno stabilendo le priorità”.
Ma su questo controbatte proprio il senatore dell’Udc, Gianpiero D’Alia, che spiega: “È utile fare chiarezza su questi fondi che dovrebbero arrivare dal ministero dell’Ambiente. Se si tratta di risorse da utilizzare su tutto il territorio nazionale e rientranti nei fondi Fas non sono immediatamente spendibili, primo perché devono essere stabilite le priorità, e Messina deve rientrare tra queste; quindi sono necessari progetti esecutivi immediatamente cantierabili; infine si tratta di fondi appostati al ministero dell’Ambiente, che sulla vicenda degli alluvionati non ha toccato e non toccherà palla”.
Ma oltrepassando il dibattito politico rimangono gli occhi della gente, che esprimono tante sensazioni. Occhi che hanno visto morire parenti e amici. Una comunità che piange i suoi morti e che spera almeno in una sepoltura per i corpi non ritrovati. Persone che la notte dormono in mezzo agli incubi, tornando ai pensieri di quella sera, che non hanno più una casa, riferimenti, abitudini, e che iniziano a perdere persino la speranza, tra uno sfogo nelle hall di un asettico hotel o, tra le mura amiche per chi ha avuto la fortuna di riparare da qualche parente.
A ottant’anni con gli acciacchi di una vita fatta di lavoro e fatiche non è facile ritrovarsi ad essere punto di riferimento di una famiglia praticamente devastata negli affetti e nelle cose più care. Eppure Giuseppe De Luca, il nonno di Simone ci prova. Ha coraggio e orgoglio da vendere e riesce a trattenere le lacrime, mentre racconta il suo disagio, sgranando quegli occhi di un azzurro intenso che sanno di mare dello Stretto e di determinazione. “Sono molto felice – dice – per le medaglie e le varie onorificenze che hanno dato a mio nipote Simone che era una persona fantastica, ma noi ci sentiamo abbandonati”. Da qualche giorno nello stesso hotel della riviera Nord di Messina, al resto della famiglia, si sono ricongiunti anche i genitori di Simone, Pippo Neri e Angelina De Luca. Stanno meglio, sono stati dimessi dai centri grandi ustionati di Palermo e Catania, dopo l’esplosione di gas che li ha colpiti la sera dell’alluvione. Il padre ha assistito in tv ai funerali del figlio, alla madre è stato detto dopo della morte del figlio. La signora soffre di diabete e quindi la sua ripresa è più lenta.
Non hanno voglia di incontrare nessuno, tantomeno giornalisti, l’unica frase che pronunciano è: “Ci manca molto Simone, siamo distrutti”. La vita di un figlio non vale certo una casa, ma anche quella non c’è più. “Ho cercato di rendere la mia abitazione di Giampilieri più accogliente possibile. Tutti i miei risparmi e il mio lavoro l’avevo investito su quell’appartamento – riprende nonno Giuseppe – Oltre 100 milioni spesi e adesso non ho nulla”.
“É una vergogna, i siciliani siamo un popolo generoso, primi per beneficenza in qualsiasi iniziativa di solidarietà – considera De Luca – e a noi alluvionati ci hanno lasciati soli. Spero presto ci diano una casa, altrimenti non mi muoverò da qui”.
“Qui ci trattano bene”, commenta Carmela Catania, un’insegnante della materna “Leonardo Da Vinci” di Giampilieri, scuola che per adesso è ospitata presso l’ex l’Istituto marino della città. “Certo, aggiunge, mancano le abitudini della casa”. Carmela abita a Gianpilieri Marina, in due palazzine abitate da ex ferrovieri. “L’1 ottobre la frana – racconta – è arrivata al primo binario della stazione del paese. Siamo rimasti circondati, non potevamo uscire e abbiamo passato la notte per le scale. Per il momento anche noi abbiamo poche certezze. Le nostre case sono intatte, anche i tecnici durante i sopralluoghi lo hanno constatato. Attendiamo l’autorizzazione per rientrare, perché il problema non sono le case ma la collina che c’è dietro. Devono completare i lavori di messa in sicurezza. Noi vogliamo tornare nelle case, ma tranquilli e non certo con la paura di un’altra tragedia ogni volta che inizia a piovere. Così le nostre notti diventano insonni, preoccupati che possa accadere anche di peggio”.
“Alcuni massi di grandi dimensioni che sovrastano la montagna sopra le nostre case sono in bilico e possono cadere da un momento all’altro, vogliamo la messa in sicurezza” aggiunge Giuseppe Alessi, vicino di casa di Carmela.
“Non c’è stata da parte delle istituzioni la stessa attenzione dimostrata ai terremotati dell’Abruzzo – considera Jenny Di Dio -, una volontaria del nucleo diocesano della Protezione civile di Messina – Io sono stata a l’Aquila a prestare soccorso e se paragono le due tragedie, mi sento di dire che Messina è stata abbandonata a se stessa”.
La parola incertezza dunque è il motivo dominante a quasi 50 giorni dalla sciagura. Non ci sono certezze sui fondi, sulle case, sui progetti di ricostruzione e non è quindi facilmente calcolabile quando l’emergenza rientrerà. L’unica brutta notizia è invece l’aumento degli affitti nelle case disponibili in zona. A Giampilieri Marina per una casa si arriva a chiedere anche il doppio, rispetto a prima del nubifragio. Tanta gente sta provvedendo da sola a trovare un’abitazione, con la speranza di sopperire alle spese di locazioni con il bonus casa che arriverà dal prossimo mese.
L’attività di censimento delle case ricadenti nelle aree alluvionate, secondo i dati resi noti dal coordinatore dell’ufficio commissariale del soggetto attuatore, Antonio Ruggeri, è arrivata a 650 abitazioni. L’ufficio che fa capo al sindaco Buzzanca fa sapere che l’attività continuerà nei prossimi giorni e che, tutti gli interessati ancora non censiti dovranno presentarsi, entro oggi, mercoledì 18 presso la scuola di Giampilieri Superiore, sede Coa, muniti possibilmente di particella catastale, utile per l’immediata identificazione dell’edificio di residenza.
Per capire di più incontriamo Giuseppe De Luca del Comitato giovanile di Giampilieri, uno dei tanti ragazzi che si spende per non far morire quel borgo. “Secondo il programma previsto dal Comune – spiega – in primo momento a gennaio dovrebbero tornare in paese circa 250 persone, su quasi 1000 sfollati, che si andrebbero ad aggiungere ai 250 residenti che non si sono mai mossi da Giampilieri, perché residenti in zone non a rischio. I primi a tornare a casa dovrebbero essere gli abitanti della zona compresa tra il Monte Calvario e via Trave, lo faranno ovviamente dopo che parte della montagna, in quel tratto di territorio, verrà resa sicura”.
“Gli altri come previsto – continua De Luca – dovrebbero aspettare circa sei mesi e noi speriamo che questi tempi vengano rispettati”. Quindi una precisazione: “Non vogliamo sentire parlare di new town, non ci spostiamo nemmeno di cento metri da Giampilieri. Noi siamo nati qui, vogliamo restare qui”.