Gilberto Idonea implacabile: |"Catania, città abbandonata" - Live Sicilia

Gilberto Idonea implacabile: |”Catania, città abbandonata”

É amareggiato l'attore Gilberto Idonea: "Vedo una città al degrado. La responsabilità è sia dei politici che dei catanesi". Ce l'ha pure con chi parla di Cultura: "Questi soloni si stracciano le vesti, ma hanno sperperato miliardi per non fare nulla. Serve  - incalza - l'ottava eruzione dell'Etna".

CATANIA – “Io di politica non saprei dare giudizi”. Gilberto Idenea, il grande attore catanese, intervistato da LiveSiciliaCatania sulle prossime amministrative di giugno, parte a fari spenti, quasi come non avesse mai sentito parlare dell’agone politico o di argomenti affini. Le sue idee invece sono tutt’altro che timide e approssimative. Parla di una Catania al degrado, mentre invoca “l’ottava eruzione dell’Etna”. Non ha peli sulla lingua, vorrebbe un sindaco catanese, ma quel che è più importante, vuole una rivoluzione morale. I suoi punti di riferimento sono Hugo Chavez e Papa Francesco.

Com’è Catania in questo momento, come la trova?

“Trovo una città peggiorata. Forse perchè i catanesi sono indolenti. Innanzi tutto perchè chi ci governa da anni, non so neanche da quanti, non è catanese. Già questa è la prima stortura di questa città. Noi, visto che siamo una terra da sempre dominata, ci mettiamo a battere le mani per chiunque viene da fuori: li consideriamo sempre migliori e più bravi. Non cerchiamo di trovare al nostro interno chi possa risolvere i problemi di questa città. Essendo stati dominati dagli arabi, abbiamo nel dna un grave bacillo”.

Quale?

“Quello cioè che appena si uniscono due si dicono tra loro: “Vabbé, ma chiddu c’ha ffari, chu è, chi voli”. Non siamo mai stati per quella cultura, tipica degli emiliani, della cooperazione. La cultura del catanese è quella del “a chiddu luamulu ri mezzi i peri, picchi è n’incapace”. Questo ha portato la città ad un degrado bestiale”.

Catania è messa così male?

“Oggi sono passato da corso Sicilia, accompagnato da un giornalista del Corriere della sera, e gli ho detto: trent’anni fa questo era il salotto buono della città. Oggi c’è quasi da vergognarsi a passare da lì. E non solo, guardiamo anche alla via Etnea, una volta era lastricata di pietre laviche del ‘700 e oggi sono state tutte modernizzate. Non lo so, non voglio fare la parte di Colo Duscio ne L’aria del continente, che sta fuori e parla. Io sono innamorato di questa città, ma la vedo sempre peggio”.

Questa situazione è addebitabile al profilo “etnico” dei sindaci avuti in questi anni, o ha ben altra responsabilità?

“Ci sono delle responsabilità da parte di tutti. Da parte dei politici e dei cittadini. Cioè, noi mandidamo su internet e in tutto il mondo le immagini della festa di S. Agata. Si dice che non bisogna camminare con i ceri accesi, ma nessuno sentiva niente. Quando si parte da questi dettagli è chiaro che il problema diventa importante. Per esempio. Quando sono arrivato a Roma, dopo tre giorni si sono portati via lamacchina perchè era parcheggiata in seconda fila. Qua invece è un fatto normale. Noto che c’è un disordine micidiale in questa città. Siamo tutti fuori dalle regole. E ci siamo abitutati. Chi arriva da fuori si accorge che questa è una città che vive fuori dalle regole”.

Un giudizio su Raffaele Stancanelli?

“Non lo conosco. Sarà un sindaco come tutti gli altri. Vede, non è un problema del sindaco A o del sindaco B o C. Il problema è affrontare i problemi reali della città. Vengono affrontati solo quelli di facciata. Quando si affrontano i problemi io mi domando: “Perchè è stata fatta questa cosa, perchè necessaria per i cittadini o perchè ha comportato un finanziamento o un affare sotto?”. Questo è quello che mi chiedo”.

La vedo molto pessimista.

“Sì, sì, sì. Io mi auguro che ci sia una di queste eruzioni. Catania è stata sette volte sommersa. Ce ne vorrebbe un’ottava. Magari solo morale. Potroppo sento da destra, sinistra e centro luoghi comuni e banalità. Le voglio portare un esempio”.

Vada.

“Ogni giorno sento parlare di Cultura vilipesa. Però vorrei sapere da tutti questi soloni, da tutti questi che si strappano le vesti, negli ultimi vent’anni quale azione è stata fatta per portare i giovani al teatro”.

Il nodo è dunque la Cultura?

“Le dico che nel 1970 avevo aperto un teatro alla cività. La prima cosa che ho fatto è stata di andare alla zona industriale, senza chiedere contributi pubblici, offrendo ai giovani lavoratori spettacoli gratuiti. Io vorrei capire da parte di chi ha sperperato miliardi a fondo perduto per cinquant’anni, quali azioni sono state fatte per portare i giovani al teatro. Questi soloni non hanno fatto niente. Ecco perché dico che questa città affonda nei luoghi comuni. Tutti si parlano addosso. Ma nessuno, parlo del mio campo culturale, vieni incontro ai bisogni della città”.

Lo stesso è per gli altri campi?

“Sicuramente. Vedo una città abbandonata a sé stessa. Manca quella riscossa che dovrebbe venire dalla politica. Certo, da anni vivo fuori. Dirò delle inesattezze. Però noto questo clima. Che le posso dire, sono amareggiato”.

Nel suo passato c’è stata pure una giovane militanza nella Democrazia cristiana. Come la ricorda?

“Ho cominciato in parrocchia con il comitato civico, quando, nel quartiere popolare dove vivevo io erano tutti o comunisti o dalla nostra parte. Durante una elezione fui avvicinato da uno della sezione locale della Dc e mi disse se volevo fare un corso di formazione politica. E così andai alla Camillucci a Roma. Mi spinse, all’inizio, la curiosità d’andare nella capitale spesato. Quindi sono entranto nel movimento giovanile della Dc. Sono stato anche delegato comunale”.

Come andò a finire?

“Appena entrato nel mondo del lavoro, entrai in Olivetti, cominciai a frequentare il sindacato. Capi che la Cisl non dava che un colpo al cerchio e uno alla botte. Mi sono spostato sul sindacato più di sinistra, perché era più vicino alle esigenze dei lavoratori. Ringrazio lo stesso la scuola della Dc. Voglio dire però una cosa importante”.

Prego.

“L’ultimo dei giovani che allora operava nella Dc, era un professore universitario rispettabilissimo. Allora non avveniva come oggi, in cui, a fare politica, ci sono tanti dilettanti allo sbaraglio. Oggi nessuno pensa al bene comune, si pensa alla bottegha e a sistemarsi. È uno scandalo continuo. Una volta si rubava, ma si diceva che tutto andava al partito. Oggi il più pulito ha la rogna”.

Parla in generale o di Catania?

“Giro da vent’anni il mondo. Vedo che altre nazioni, che consideramavo arretrate ci hanno superato. Penso al Venezuela”.

Lei è un’estimatore di Chavez?

“Lui è andato incontro ai più poveri, alle favelas. Ha avuto il coraggio di dire: “Un minuto, coloro che da fuori ci hanno sfruttato per vent’anni, adesso devono fare i conti con noi”. Lo stesso è avvenuto in Brasile. C’è stata una rivoluzione. Esiste veramente questa nuova ondata che finalmente riconosce che non ci possono più essere solo in quattro a comandare su miliardi di persone. Io ho avuto modo di cononoscere anche un cardinale argentino, vescovo di Buenos Aires…”

Ha conosciuto il nuovo Papa?

“Sì, ho avuto il piacere di conoscere il futuro Papa Francesco. Sento oggi i suoi discorsi, che hanno choccato gli uomini della Curia. È chiaro che prima o poi scatterà una rivoluzione, mi auguro solo morale. Mi suona strano sentire che i consigliere di Municipalità abbiano uno stipendio. Noi dai giovani, facevamo politica per volontariato… Lo so potete dire “questo è un vecchio che parla del passato”… Già ma nel futuro vedo, come dicevo, l’ottava eruzione dell’Etna”.

 


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