DI MASSIMILIANO FIGLIA Ogni mattina preparo la colazione e il biberon per la mia piccina, se il tempo lo permette ci sediamo in balcone per respirare un po’ d’aria fresca e farci baciare dai raggi del sole. Come ogni mattina il signor Giovanni ci saluta e manda un bacio. Giovanni ha 88 anni, come un perfetto constant gardener, appassionato di giardinaggio, con la sua camicia bianca aperta sul petto e il suo cappello di paglia, lavora nel suo orto, dalla mattina presto fino al tramonto, l’orto è la sua vita.
Giovanni è in pensione ormai da tanti anni, è stato un soldato del secondo conflitto mondiale, la guerra, la morte la conosce bene e ne ricorda perfettamente la sofferenza, la fame e il dolore.
Quando raccontava storie di guerra nei suoi occhi azzurri calava un velo nero e il suo volto solcato dai segni del tempo e della fatica diventava serio e scuro.
Giovanni ha visto cadere tanti compagni con cui aveva condiviso un sorso di grappa o una galletta insieme pochi minuti prima. Il suo orto è una meravigliosa macchia verde di profumi e di geometrie verticali e orizzontali. Tutte quelle file di pomodori, di canne perfettamente allineate, tutti gli ortaggi e le verdure rigogliose e distanziate con una precisione certosina dimostrano il suo grande talent.
Mi raccontava dei tenerumi, diceva: “I fiori del tenerume sono meravigliosi, sono come i figli, alcuni diventano splendide zucchine, altri cadono a terra e muoiono e io non ci posso fare niente” . Lui era riuscito a far crescere una zucchina lunga otto metri e tutta Villagrazia veniva a guardarla con ammirazione e alcuni si facevano anche la foto.
Ieri, Giovanni ha saputo dei soldati morti a Kabul, era molto triste, mi ha detto: “Poveri figghi i matri” pensava alle loro madri, ai loro figli e se ne è andato molto presto dal suo orto. Mi ha detto: “Ora ca sacciu ‘sta cosa mi siddio pi stairnata”.
Stamattina la figlia ha bussato alla mia porta, piangeva, con un filo di voce mi ha detto che Giovanni è morto stanotte nel sonno. E io scrivo e piango. Penso ai morti, ai tenerumi. Penso a quell’orto abbandonato. Presto sarà invaso dalle erbacce del dolore.
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