CATANIA – Una piazza gremita per dire no alla violenza. Per gridare: “I can’t breathe”. Una frase che è diventato l’urlo nel mondo per fermare l’odio razziale. Ma mentre negli Stati Uniti ci sono rivolte armate, a Catania si sceglie una ribellione fatta di colori e unità. Ieri in piazza Università molti hanno deciso di manifestare per “chiedere giustizia per George Floyd”, l’afroamericano morto a seguito di un controllo di polizia a Minneapolis. “Vogliamo che George Floyd e tutte le vittime del suprematismo bianco statunitense abbiano verità e giustizia! – dicono gli organizzatori – La violenza della polizia verso gli afroamericani è un fatto strutturale negli Usa. I dati sono davvero impressionanti, incomparabili a qualsiasi nazione “civile”. Parliamo di migliaia di morti per mano della polizia. Difficile trovare un afroamericano negli Usa che non abbia avuto un parente, un amico, un conoscente ucciso o abusato dalla polizia. La quale, nel 99% dei casi – argomentano – non subisce conseguenze”.
Per chi protesta non è solo una questione che riguarda gli Usa. “Non serve arrivare negli Stati Uniti per scontrarsi con il razzismo istituzionale se vivi in un paese che non regolarizza vite umane nemmeno dinanzi ad una pandemia globale. Un paese che finanzia la Libia per far morire nell’indifferenza più totale i nostri fratelli nel Mar Mediterraneo”, denunciano. “Perché chi ci divide tra italiani e immigrati, chi crea cittadini di serie A e di serie B, chi crea leggi razziste o non le abroga, che sia di destra o di centrosinistra, lo fa con uno scopo preciso: dividerci per opprimerci meglio, per sfruttarci e eludere le nostre necessità e i nostri bisogni a favore di una minoranza di ricchi a capo di banche e imprese”, concludono.
“Un’importante partecipazione che ha fatto vedere quanto Catania è attenta alle dinamiche che attraversano in questo momento un mondo sempre più globalizzato”, è il commento di Emiliano Abramo, della Comunità di Sant’Egidio. “Mi pare di aver visto quanto forte è il timore del virus più forte del covid, ovvero il razzismo, che con facilità ha contagiato la società americana consegnando un elenco di vittime e tra queste la più nota forse è George Floyd. Drammaticamente attorno al nome di George Floyd – continua Abramo – è nata anche a Catania, città al centro di forti migrazioni, la voglia di scrivere una nuova pagina di una nuova società dove non c’è spazio per violenza e razzismo, ma c’è voglia di ritrovarsi insieme”. Una manifestazione che parte dal respiro spezzato di George e si tramuti in un vento di cambiamento.