Gli Europei tossici - Live Sicilia

Gli Europei tossici

Gli inni nazionali, le magliette, le facce dei tifosi. E tutto quello che ruota intorno al pallone contemporaneo. Cosa possiamo fare, se non raccontarvi che sapore hanno questi Europei di plastica?

Le idee
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E’ cominciata la biennale orgia televisiva di calcio a giugno. Fa pure rima: Europei o Mondiali, questi tornei sembrano tutti uguali. Le squadre scendono in campo schierandosi di fronte alla tribuna d’onore piena di tifosi illustri, molti dei quali “dell’ultima ora”. Esemplare il Presidente Napolitano che chiede alla moglie conferme sull’identità di quel ricciolino accanto a lui, tale Michel Platini. Ammiriamo le nuove maglie. Il design è sempre diverso, lo sponsor tecnico bene in vista, tanti patch e i ricamini con la data e le bandierine delle squadre sul petto. A parte il fatto che una delle due mi pare superflua, mi sorge il sospetto che l’operazione serva solo a produrre “pezzi unici” di grande valore per i collezionisti. Come sono lucide e brillanti, leggere e traspiranti. E tra un po’ le faranno anche refrigeranti. Fa pure rima. Peccato che le grandi industrie (o le piccole che lavorano per loro) non si curino di evitare l’uso di metalli pesanti tossici, come il piombo e il nichel. Un indumento sportivo che nuoce alla salute: quale contraddizione in termini.

La telecamera scorre sui volti dei giocatori. Risuonano le note dell’inno nazionale. Alcuni non cantano con compagni e tifosi. Come i tedeschi Ozil, Boateng, Khedira e Podolski che hanno inteso rimarcare le loro origini, non propriamente teutoniche. Certo, il mondo oggi è più piccolo ed è normale che non tutti i tedeschi siano, come piaceva al Fuhrer, ariani. Ma indossare una maglia di una Nazionale impone una scelta. Perché in quel caso la maglia, per quanto tossica possa essere, equivale a una bandiera che si prende e si porta nel cuore. Sì, proprio lì. Lo spiego ai calciatori: il cuore (con la “c”) è l’organo che sta nel petto un po’ più in profondità del taschino dove si mette il portafoglio. Ma che vado pensando ? Forse costoro non cantano l’inno perchè non ne conoscono le parole. La spiegazione non regge perché questi sono gli Europei degli inni con il karaoke. L’ho notato prima di Italia-Spagna, quando ho visto per un attimo le parole del Canto degli Italiani scorrere sui maxi-schermi con il colore del testo che cambiava al procedere delle note. Cantare “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò” come cantare “le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi..”.

Qualche ripresa dall’alto. Ma che magnifici stadi; più belli di quelli sud-africani. E cosa importa se tutto intorno c’è povertà, emigrazione, prostituzione. O gli spiriti delle migliaia di cani randagi, colpevoli solo d’esser nati, che sono stati sterminati in Ucraina per fare un po’ di pulizia prima della festa. E guarda lo stadio di Danzica dove si sfidano “i ricchi” italiani e spagnoli. Quelli delle tasse che aumentano e del gettito fiscale che scende contro quelli degli “aiutini” alle povere banche. Come luccica lo stadio: fatto ad immagine e somiglianza dell’Allianz Arena di Monaco. Solo che lì ci gioca il grande Bayern, mentre qui ci giocheranno i bianco-verdi del Lechia Gdansk, che ne presero sette in casa della Juventus nell’unica apparizione nelle coppe europee risalente a circa trenta anni fa.

Le telecamere cercano sugli spalti le tifose più carine o i tifosi più ridicoli. E quando ci riescono, quelli se ne accorgono subito e si danno di gomito con l’amico seduto accanto indicando entusiasti il maxi-schermo. Mi chiedo: ma questi vanno allo stadio solo per vedere la partita in un televisore più grande ? Sta per iniziare la partita. La palla è al centro. I giocatori saltellano impazienti. L’arbitro sta per fischiare. Si sente in sottofondo un conto alla rovescia, simile a quello degli storici collegamenti con Cape Canaveral prima dei lanci spaziali. Five, four, three, two, one. Comincia la partita. Ah, già: la partita. Ma chi se ne frega della partita. Mi hanno già stufato: questo calcio di plastica fatto a uso e consumo della televisione non lo sopporto più. E’ tossico come le magliette.


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