Grazie, Don Corrado. Perché possiamo chiamarla con il suo nome di battesimo, trovando una felice corrispondenza. Ognuno di noi è se stesso. Tuttavia, non sempre sostanza, ruolo e immagine sono sovrapponibili. In questo caso, sì.
Lei non poteva essere che l’arcivescovo di Palermo: Don Corrado e sua eccellenza monsignor Corrado Lorefice sono insieme, con l’umana semplicità di ciò che risulta sempre vero.
La nostra povera e derelitta Palermo, resa derelitta e povera anche dagli ignavi che sanno solo criticare – mai costruire -, la nostra Palermo magnifica e bellissima, ha bisogno di inesausto amore e di tenace speranza. E non c’è contraddizione, alle nostre latitudini, tra bellezza, magnificenza e povertà.
Palermo sa essere tutto insieme, mostrando un volto contraddittorio dopo l’altro. Palermo è onnicomprensiva, chiede un cuore e una mente che sappiano abbracciarla nella sua interezza. Alcuni di noi riescono nell’impresa, altri no.
Un parroco venuto da non troppo lontano ha realizzato la piena comprensione, diventando arcivescovo. Oggi sono dieci anni di ordinazione episcopale. Alle sei del pomeriggio molta parte della città si riverserà in Cattedrale per la cerimonia.
Grazie, Don Corrado. Perché nessuno, incontrandola, è mai tornato indietro senza un abbraccio, senza una carezza, senza una preghiera. Nessuno è andato a casa, privo di conforto. Nel colloquio incessante con il suo Pastore, ogni palermitano ha colto una dimensione fraterna e paterna.
L’amore, la denuncia, il grido (contro il crack, contro la violenza, contro l’emarginazione) altro non sono che il prolungamento di un legame affettivo declinato nel contesto pubblico, secondo i sacrosanti principi del Vangelo e della Costituzione. Non si può essere cristiani se non si è, al tempo stesso, cittadini consapevoli. Credere è una virtù indirizzata, su strade parallele, dentro l’unico orizzonte della vita.
Grazie Don Corrado. Perché si sente che lei tiene a ogni persona come se fosse la città e il mondo intero, in una passione globale che non trascura mai il dettaglio. I diritti hanno l’eco delle conchiglie vuote se non si accompagnano con l’applicazione. La teoria della giustizia, quando non servita dalla concretezza, ha il sapore di una beffa.
Ecco la lezione che abbiamo ascoltato risuonare allo Zen, nelle piazze di spaccio, accanto al degrado e alla disperazione. Ovunque fosse necessaria la presenza di uno sguardo, con la sua vicinanza.
Grazie per l’amicizia con Fratel Biagio. Fu lei a salvarlo dalle intemperie delle notti, dai rigori di uno sfiancante digiuno, ancora una volta con un abbraccio. Grazie per il ricordo vivo di don Pino Puglisi, per avere scelto, a Brancaccio, un grande parroco, dopo un grande parroco.
Tutto, in questi dieci anni di episcopato che oggi rintoccano, racconta tenace speranza e inesausto amore, in un cammino difficile. Tutto somiglia al sogno di un approdo. Per questo e per altro, grazie, Don Corrado.
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