PALERMO- “Mi viene da piangere, mi creda. Mi viene da piangere per la rabbia…”. Sì, crediamo a Daniela Lo Verde, professoressa, persona sensibile che fa il suo lavoro al meglio, dirigente scolastico alla scuola ‘Falcone’ dello Zen. Qualcuno è entrato per commettere un’azione turpe contro i bambini. La violenza del vandalismo è chiarissima già dalle foto. Camminare in mezzo alle macerie deve somigliare a un supplizio.
Eppure cammina la preside Lo Verde con i piedi su un sentiero di distruzione, insieme ai suo collaboratori. C’è chi tiene la contabilità della devastazione. All’apertura, stamattina, l’inferno si è materializzato lì dove si tenta di costruire un senso. Tutto sottosopra. Tutto sparpagliato. Tutto rotto.
“Non capisco, non capisco – si tormenta la preside – ma che senso ha? Cioè, la violenza non ha mai senso. Ma questo è un atto di guerriglia, contro i bambini dello Zen. Chi può essere tanto cieco… Ecco, vede – e pare di vederli i cocci nella narrazione concitata, accompagnata da un respiro affrettato al telefono -. Ecco, vede… Banchi ribaltati, cattedre spaccate. Non c’è un vetro intatto. Non c’è un armadietto a posto. Ci sono i disegni strappati, calpestati, per terra. Mi sento un fantasma, in una dimensione surreale. Mi scusi, mi scusi… Sono arrabbiata”.
Scusarla, preside? Noi le siamo grati perché lei, con pochi altri, è rimasta in trincea a presidiare le vite innocenti, in questa città popolata da parolai di ogni colore politico, dalla retorica che promette, declama, assicura e poi abbandona, quando si tratta di esserci davvero. E comprendiamo il suo stato d’animo. Di recente, dopo una onorificenza assegnata al suo impegno dal Presidente della Repubblica, lei si era sentita fiduciosa: “Speriamo che sia l’auspicio di un nuovo inizio”. I fatti, al momento, dicono di no.
“Mi scusi, sì, mi scusi. E’ una cosa incredibile (rumore di scarpe che pestano cocci). Tutto, distrutto, i cartelloni, i quaderni… Mi viene da piangere”. Ma sono le lacrime del coraggio.
Perché lei resta, nonostante tutto, vero preside? “Sì, io resto”.