"Tornerò a guidare Catania |Crocetta? Una vera rivoluzione" - Live Sicilia

“Tornerò a guidare Catania |Crocetta? Una vera rivoluzione”

Intervista a tutto campo a Enzo Bianco: "Voglio tornare a essere il sindaco della mia città. Le primarie possono essere utili. Ma non sempre. Il Pd? La diarchia Lupo-Cracolici ha solo provocato danni. Lombardo col centrodestra? L'avevo detto...".

L'intervista a Enzo Bianco
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Da Catania a Catania, la strada è lunga. Passa attraverso altre tappe, incroci e semafori. Ma Enzo Bianco ha ripreso la marcia verso quella direzione. Un ritorno, che potrebbe chiudere un cerchio. Dopo 25 anni di carriera politica che lo hanno visto ricoprire ruoli istituzionali di prestigio. Ma che gli hanno consentito, pochi giorni fa, di dire di “no” direttamente al segretario Bersani. “Mi aveva chiesto di guidare una delle liste del Pd al Senato. Ho detto che voglio dedicare tutte le energie alla mia città”.

Senatore, chi glielo fa fare? Si guardi attorno, oggi la poltrona di sindaco è tra le più scomode.
“Ne sono consapevole. E non sono un ‘sognatore’. So bene a quali difficoltà vado incontro. Ma ricordo una battuta che mi fece Bruno Visentini nell’88, quando decisi di candidarmi a Catania”.

Qual è la battuta?
“Mi disse che i titoli in borsa vanno acquistati quando sono giù. E oggi, la mia città è davvero messa male”.

E perché dovrebbe essere proprio lei a “tirare su” Catania?
“Si tratta, lo so, di una scommessa. Ma ritengo di avere le caratteristiche personali e politiche per vincerla. Il mio passato mi ha consentito di instaurare rapporti istituzionali tali da poter formare una squadra in grado di rispondere alle esigenze di Catania”.

E qual è la ricetta allora?
“Intanto, penso che Catania abbia bisogno di un consenso largo. E non parlo solo di forze politiche. Dovremo rivolgerci alle categorie produttive, all’associazionismo, ai sindacati. Se sarò sindaco, la mia maggioranza dovrà avere una forte connotazione civica”.

A dire il vero, si parla anche di esponenti del centrodestra pronti a sostenerla. Frange del Pdl, per la precisione.
“Ho sempre ricevuto, ad esempio dall’onorevole Nino D’Asero, apprezzamenti personali. Attestati di stima. Ma non credo che si possano creare trasversalismi di questo tipo. Certamente, queste voci confermano lo scontento che c’è, nel Pdl, sulla gestione Stancanelli. Ma credo abbiano già in mente il loro candidato sindaco”.

E chi è?
“Potrebbe essere la Professoressa Ida Nicotra. Persona che stimo molto, nonostante la pensiamo diversamente su molti temi”.

Lei insomma, si rivolge alla cosiddetta “società civile”. Ma è pur sempre un esponente di punta del Partito democratico. E con i partiti si dovrà pur dialogare…
“Certamente. E infatti io sono convinto che bisognerà estendere il consenso soprattutto verso i moderati. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Gianpiero D’Alia e con l’Udc che si è opposto a Raffaele Lombardo”.

Insomma, l’obiettivo potrebbe essere quello di replicare a Catania la formula della Regione.
“La strada credo sia quella. Non si può pensare di essere autosufficienti, o di limitarsi a ragionare all’interno del ‘conclave’ del Pd. Non dimentichiamo che il partito, alle ultime Regionali, a Catania ha ottenuto il 9% dei votanti, cioè il 4% degli elettori. Io punto invece a estendere il consenso anche agli elettori di centrodestra scontenti delle gestioni Scapagnini e Stancanelli, penso anche agli elettori del Movimento cinque stelle, che potrebbero sposare un progetto di buon governo; penso all’UDC; penso anzitutto a chi non è andato a votare, ma sogna una Catania diversa

Già, ma alle imminenti politiche, Pd e Udc saranno avversari.
“Credo che la ricomposizione possa avvenire dopo le elezioni”.

Torniamo a Catania. C’è un filo che lega queste amministrative a quelle svolte quasi un anno fa a Palermo: le primarie. Lei crede in questo strumento?
“Io penso che, con le giuste garanzie e regole chiare, le primarie rappresentino uno degli strumenti ‘utili’. Non certo l’unico. Non si può pensare di fare la ‘passerella’ delle primarie, e poi magari perdere le elezioni. E tanto meno, non si possono considerare il mezzo per sciogliere nodi politici”.

Anche perché, più che “risolvere”, in alcuni casi “complicano”. Penso a quello che è successo a Palermo. O in vista di queste politiche, con i casi Papania e Crisafulli.
“In effetti è così. È sotto gli occhi di tutti che questa vicenda è stata gestita male. A tutti i livelli. Se la segreteria nazionale giudicava inopportune – perché certamente non erano illegittime – quelle candidature, avrebbe potuto e forse dovuto intervenire prima delle primarie. Così, alcuni pensano che abbia deciso sulla scia dei media e delle polemiche”.

In realtà, da diverso tempo il suo partito, in Sicilia, è dilaniato dalle polemiche…
“Credo che questo sia solo il frutto di una insolita ‘diarchia’ al vertice del Pd. Oltre al segretario Lupo, che è un amico e che apprezzo, infatti, a guidare il partito era il capogruppo in Assemblea, Cracolici. Un partito non si guida così. E abbiamo finito per dare l’impressione di nascondere con la cenere il fuoco acceso. In Sicilia abbiamo perso consenso anche per questa ragione”.

Una “diarchia”, come dice lei, che si è basata molto anche sul dilemma del sostegno all’ex presidente Raffaele Lombardo.
“Proprio così. È inutile ricordare che io sono stato da sempre tra i più critici a quell’alleanza. E i fatti mi hanno dato ragione. Lombardo è tornato nel centrodestra, come era chiaro fin dall’inizio. Il fatto di cercare l’appoggio nel Pd, nella scorsa legislatura, aveva solo motivazioni tattiche, pragmatiche, di sopravvivenza. E adesso è rimasto da solo, se escludiamo quattro pretoriani”.

Adesso, però, il governatore è un altro, e il Pd è al governo, stavolta, grazie al consenso degli elettori.
“In effetti, ancora non ci rendiamo conto che in Sicilia sono avvenute due rivoluzioni. Un anno fa c’era ancora Berlusconi al governo nazionale, e Lombardo a guidare la Sicilia”.

Un anno fa, insisto, insieme a Lombardo c’era il Pd…
“Non era tutto il Pd e comunque le ripeto, e tutti sanno, che non sono mai stato d’accordo”.

Cosa cambia con Rosario Crocetta?
“Cambia tutto. Rosario è in grado di cambiare la Sicilia. E sta già provando a farlo. Penso, ad esempio, alle rotazioni dei dirigenti alla Regione. Una decisione forse un po’ strombazzata, ma sacrosanta. Anche io, nelle mie esperienze di amministratore, ho fatto ricorso a questo strumento”.

A sostenere Crocetta, un suo “collega” di partito come Beppe Lumia. Che eppure aveva ricevuto dal partito la “deroga” per la (ri)candidatura. Come giudica la sua scelta di sposare la causa del Megafono?
“Tutti sanno che tra me e Lumia, in passato, la tensione è stata alta, e non ce le siamo mai mandate a dire. Ma ritengo la sua scelta assolutamente coerente. È stato un regista dell’operazione-Crocetta. Mi sembra giusto che adesso abbia un ruolo importante nel Movimento del governatore. Così come mi piacerebbe che venga valorizzato un personaggio simbolo della nuova Sicilia: Antonio Presti”.

A dire il vero, però, il presidente sta “accogliendo” tra gli alleati, politici provenienti dalle più disparate esperienze politiche: ex di Grande Sud, centristi, socialisti. Lei che ne pensa?
“Penso che Crocetta è stato eletto anche grazie a un forte consenso personale, trasversale. E che non aveva una maggioranza, all’atto del suo insediamento. Mi sembra normale, quindi, che si stia preoccupando anche di allargare la base del suo consenso, accogliendo persone che non hanno fatto parte di partiti ‘tradizionali’, come gli ex autonomisti”.

Qualcuno parla di “mercato delle vacche”, di deputati comprati.
“Crocetta deve lavorare su due fronti. Da un lato, deve espandere la sua maggioranza, dall’altro, puntare al buon governo, come sta già facendo. E non credo che sarà mai soggetto al ricatto di qualcuno. Semmai, sarà il contrario”.

In che senso?
“Se le cose non andranno come lui spera, non esisterebbe a dimettersi. A mandare ‘tutti a casa’”.

E andrebbe a casa anche lui.
“Lui sa che se si candidasse oggi, riceverebbe il doppio delle preferenze”.

Lei, intanto, è pronto a esportare quel modello a Catania…
“A dire il vero, mi sono trovato nelle medesime condizioni di Crocetta nel ’93, quando ero sindaco. Non avevo la maggioranza numerica, ma avevo il sostegno dei cittadini. E anche in quel caso dissi: ‘Se le cose non vi stanno bene, andiamo tutti a casa’. Ovviamente, non andò a casa nessuno. E io ho fatto il sindaco per altri sette anni”.


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