Buongiorno. Devo chiamarla assessore?
“Sì, certo. Ma anche avvocato”.
Ok, la chiamerò “avvocato di Totò Cuffaro”, se non le spiace.
“Lo sono stato. Come di tanti altri”.
Al neo-assessore all’Agricoltura Nino Caleca non piace, la definizione che di lui è stata data finora. Non che rinneghi la sua attività professionale, attenzione: ma quando viene pronunciato il nome dell’ex presidente della Regione, la voce del penalista palermitano indicato da Lino Leanza per il Crocetta-ter si irrigidisce: “Io non ho difeso soltanto Cuffaro – taglia corto – ma anche tantissimi personaggi politici, a partire da Rino Nicolosi”.
Sì, ma il fantasma del governatore passato viene evocato spesso, di questi tempi. L’ultimo a farlo è stato proprio Crocetta, che durante la gestazione della giunta ha biasimato pubblicamente “chi va in carcere a trovare Cuffaro”. Lei che l’ha difeso ci tornerebbe anche adesso?
“Dei miei clienti non ho mai parlato al di fuori delle aule dei tribunali. Non ne ho parlato in televisione o sui giornali: ho svolto sempre il mio ruolo all’interno di quelle aule. Sono stato chiamato per dare una mano a Crocetta e, beh, condivido il suo sforzo”.
Riformulo la domanda. Non la mette in imbarazzo sedere in una giunta presieduta da chi ha espresso posizioni così nette?
“Le idee politiche di Crocetta le rispetto e le condivido. Non sono in imbarazzo. I miei clienti li difendo con addosso la toga. Ma quando non la indosso io sono Nino Caleca, un uomo di sinistra che ha fatto parte di un movimento di rivolta siciliano. Spero che questa missione di Crocetta vada in porto”.
Ha detto che preferisce non parlare dei suoi clienti fuori dalle aule dei tribunali e non la forzerò su questo. Ma la domanda che volevo farle…
“Non ho detto che ‘preferisco’ non parlare dei miei clienti. Ho detto che non ne ho mai parlato e che continuerò a non farlo. E poi, le ribadisco: ho difeso Cuffaro come le cooperative rosse. L’avvocato quando indossa la toga risponde alle regole procedurali e alla sua coscienza. Ma quando smette la toga è una persona”.
A proposito: accantonerà l’attività professionale?
“Io non abbandono il mio ruolo di avvocato. È chiaro che dovrò ripensare le linee organizzative. Non ho scelto la politica, ho scelto di dare una mano a Crocetta con un incarico a tempo. Se vuole le spiego come”.
Al come ci arriviamo, ma dicevamo: non la costringerò a parlare dei suoi clienti. Ma una domanda devo fargliela: che ci fa un garantista come Nino Caleca in una giunta presieduta da un giustizialista come Rosario Crocetta?
“Un giustizialista?”.
Di certo Crocetta non brilla per garantismo.
“Non bisogna confondere il rigore con il giustizialismo. Il rigore assoluto, che è la linea portata avanti da Crocetta, è una cosa che condivido. Altra cosa è il garantismo. E Crocetta l’ha sempre specificato: non considera un elemento discriminante neanche un rinvio a giudizio né una condanna della Corte dei conti”.
Un’ultima domanda sul quadro generale, poi andiamo al versante amministrativo. Sulla sua nomina “Articolo 4” si è spaccato. A questo punto rivolgo la domanda all’esponente del movimento: una ricomposizione è possibile?
“Devo dire che le dinamiche interne al gruppo le ho apprese in un secondo momento. L’onorevole Leanza mi ha chiesto di fare parte di un progetto politico che coaguli le forze di centro e moderate con i governi Crocetta e Renzi, e che a loro faccia riferimento. È una forte esperienza riformista che mi affascina, e ho accettato con entusiasmo”.
Se avesse saputo che il suo nome sarebbe stato un elemento di rottura, avrebbe accettato con lo stesso entusiasmo?
“Io ho molto apprezzato il fatto che chi ha scelto di rompere abbia sempre ribadito di non mettere in discussione la mia persona. Il problema riguardava la presenza di un secondo assessore. Poi, certo, le fratture sono sempre spiacevoli”.
Va bene. Parliamo del suo programma. Come la fate, ‘sta rivoluzione?
“La rivoluzione la facciamo partendo dal principio che l’agricoltura è dei siciliani, di tutti i siciliani: non solo dei contadini o degli agricoltori. Bisogna costruire una nuova identità della Sicilia che si fondi su quattro parole-chiave: rinnovamento, innovazione, internet, legalità. Bisogna riportare i giovani in campagna, bisogna farla ridiventare un elemento di reddito, ad esempio puntando sull’agricoltura biologica e su quella alternativa”.
Come?
“Bisogna costruire un’identità intorno a questo gruppo. In Sicilia crescono tanti alberi, ma ce n’è uno che cresce solo qui: cresce in Sicilia, e specificamente in una via. Via Notarbartolo”.
L’albero Falcone.
“Nessun euro deve andare in mano alla mafia. Rafforzeremo i controlli di legalità. E dovremo valorizzare la qualità: penso ad esempio all’Expo. A Milano avremo un ruolo fondamentale”.
Ah, a proposito: che ci fa un avvocato all’Agricoltura?
“L’agricoltura è fatta di conoscenza dei problemi, di individuazione di norme necessarie come quelle che riguardano Esa e Consorzi di bonifica. Certo, dovrò ascoltare con moltà umiltà le associazioni di categoria, gli esperti e tutto il mondo dell’agricoltura”.
Un’ultima domanda. Ieri si è riunita per la prima volta la nuova giunta: che impressione ha avuto della squadra?
“La squadra è di ottimo livello, di ottima professionalità. Il presidente ci ha illustrato i punti fondamentali dell’azione di questo governo: non dovrà più esserci un’autonomia dei privilegi e degli sprechi. Possiamo sperimentare in Sicilia quel nuovo modo di intendere l’economia teorizzato da Rifkin: non la decrescita, anche se felice, ma una nuova crescita con l’uomo al centro di tutto”.
Sono idee care al Movimento 5 Stelle.
“Sono idee che fanno parte del patrimonio della sinistra, delle forze progressiste. E noi abbiamo anche un progetto per applicarle. Ma chiunque ci voglia aiutare è benvenuto”.