PALERMO – Quattro condannati, ma con uno sconto di pena, e un assolto anche in appello. Confermata l’assoluzione di Luigi Miserendino, commercialista e amministratore giudiziario dei negozi del gruppo Ferdico. Fu arrestato, assolto in primo e secondo grado nonostante la richiesta di condanna della Procura e della Procura generale. Già davanti al gip disse di essere innocente e di avere le prove per dimostrarlo. Rimase ai domiciliari dal 3 all’11 ottobre 2017 quando le sue dimissione da tutti gli incarichi ricevuti dal Tribunale fecero venire meno le esigenze cautelari.
Queste le condanne: Giuseppe Ferdico 5 anni (un anno e mezzo in meno del processo di primo grado), 4 anni e otto mesi per Francesco Montes, quattro anni e mezzo ciascuno per Pietro Felice e Antonino Scrima.
La sentenza è della Corte presieduta da Adriana Piras e composta dai giudici Luisa Anna Cattina e Maria Elena Gamberini. Per Ferdico e Montes è arrivata l’assoluzione per una delle due presunte intestazioni fittizie.A Felice e Scrima sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
Erano imputati, a vario titolo, oltre che di intestazione fittizia di beni, anche per favoreggiamento personale e reale (nel caso di Miserendino). Felice e Scrima rispondevano di estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero chiesto il pizzo al direttore della società incaricata della vigilanza nel centro commerciale Portobello di Carini.
Nonostante la confisca subita, Ferdico avrebbe continuato ad essere il dominus di una parte dei beni grazie alla complicità di alcuni prestanome e di Miserendino, amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Ed è il ruolo di Miserendino che però non ha retto né in primo né in secondo grado visto che è stato assolto per non aver commesso il fatto.
È passata la linea difensiva dell’avvocato Monica Genovese, secondo cui l’amministratore giudiziario aveva sempre relazionato ai giudici sulla situazione del centro commerciale. Il legale ha prodotto nel corso del processo una serie di documenti da cui emergeva l’interlocuzione fra l’amministratore e il tribunale per le misure di prevenzione.
Il processo nasceva dalle indagini dei finanzieri del Gico e del Gruppo tutela spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Montes era considerato il gestore di fatto della società a cui Miserendino aveva affittato il centro commerciale Portobello di Carini, mentre Felice e Scrima sarebbero stati uomini di fiducia di Ferdico. La legge obbliga l’amministratore giudiziario a recidere ogni legame con la gestione passata. Ed invece Ferdico sarebeb riuscito a mantenere una parte del controllo attraverso due società intestate a prestanome.
L’accusa ha retto solo per la Fenicestore, mentre l’assoluzione è arrivata per la società Ariaperta (ora la confisca viene annullata ed è stata ordinata la restituzione).
Ferdico aveva costruito un impero a partire dall’intuizione di distribuire in larga scala detersivi e prodotti per la casa. Il suo patrimonio, stimato in 400 milioni di euro, è stato confiscato e comprendeva, oltre a terreni, ville e appartamenti, anche le srl Ferdico, Gv, Feda, G&O supermercati, 3Effe e Sole distribuzione. Nel 2019 Ferdico è stato condannato a 9 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo essere stato assolto in appello. Lo scorso ottobre però la sesta sezione della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso degli avvocati Roberto Tricoli, Luigi Miceli e Vincenzo Maiello, ha annullato con rinvio la sentenza. Si dovrà celebrare un nuovo processo.
Dopo le prime richieste di archiviazione erano arrivate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i quali misero a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana dell’Acquasanta avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell’imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti. Ferdico si è sempre definito una vittima, costretto a pagare il pizzo, anche sotto forma di assunzioni, per evitare guai.
I legali di Ferdico parlano di “decisione profondamente ingiusta” e si metteranno subito al lavoro per ricorrere in Cassazione. Stessa cosa le difese degli altri imputati.
La Corte ha riconosciuto il risarcimento dei danni in favore della società Gestione Centri Commerciali, che si era costituita parte civile tramite il legale rappresentante Salvo Melia. L’indagine era iniziata in seguito alla denuncia di Melia, allora direttore, accompagnato dall’associazione LiberoFuturo. Melia in seguito cercò di rilanciare il centro commerciale, ma la sua proposta non fu accolta. Ora è stato affittato ad altre imprese.
“La mia proposta non è stata rifiutata ma, a quanto riferito da un componente delle sigle sindacali che rappresentano i lavoratori di Fenice Store, il precedente prefetto in sede di riunione con le sigle – recisa oggi Melia – ha dichiarato che non avevo presentato alcuna proposta. Non solo presentai un attendibile progetto di rilancio, ma firmai un protocollo di intesa con tutte le sigle sindacali e l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, con il quale mi impegnavo ad assumere tutti i dipendenti della fenice store. Dopo tre anni di trattative e dopo la dichiarazione del rappresentante sindacale – conclude – decisi di fare tre passi indietro”.