Catania. “I Siciliani non sono mai morti”. Lo dice Vincenzo Rosa, studente catanese di giurisprudenza, da due anni redattore dei “Siciliani Giovani”. Il giornale fondato da Pippo Fava, che ha conosciuto varie riedizioni tra numerosi problemi economici, rivive oggi negli articoli di tanti ragazzi, catanesi e non, che non si sono mai arresi, anzi. Coordinati da uno dei maggiori collaboratori di Fava, Riccardo Orioles, raccontano ogni giorno grandi e piccole storie. “I Siciliani giovani nascono nel 2008, si tratta di un esperimento diverso, slegato dall’idea di una redazione fissa”, spiega Vincenzo. “E’ una rete di realtà, composta da rettori di Catania, Modica, Trapani, ma anche del nord Italia”. Una scelta ben precisa che nasce da una delle intuizioni di Pippo Fava: l’allargarsi a macchia d’olio del fenomeno mafioso su tutto il territorio italiano.
Un’intuizione che oggi è una realtà conclamata. “Una realtà che si chiama i Siciliani su un territorio che non comprende solo la Sicilia ha un significato ben preciso”. “Pippo Fava preconizzava che la Mafia non si sarebbe limitata al confine geografico della Sicilia, ma avrebbe travalicato i confini siciliani per raddoppiare i suoi profitti”, conferma Vincenzo che ha appena partecipato a un’assemblea al Gapa di San Cristoforo. Da ottimi cornisti, infatti, i ragazzi della redazione catanese si sono interrogati su come sia cambiata Catania a trent’anni dalla morte di Fava.
“Abbiamo fatto quest’assemblea per tirare le fila per capire cosa è cambiato a Catania negli ultimi trent’anni”. “Il sistema di potere (politico e imprenditoriale) che trent’anni fa uccise a Catania, sotto spoglie diverse, altri nomi e cognomi, possiamo ritrovarlo in città”. Qualcosa però è cambiato profondamente, si tratta di quelli che Vincenzo chiama “gli anticorpi dei mafiosi”. “Ci sono imprenditori che si autorappresentano come antimafiosi, di loro si parla come del fiore all’occhiello della buona imprenditoria. Scavando nelle loro storie, invece, capiamo che non è tutto oro quello che luccica”. Il dubbio come stella polare, un insegnamento che i nuovi carusi di Fava hanno appreso dal loro mentore Riccardo Oriolese da Giovanni Caruso. Poi ci sono le storie, piccole e grandi da raccontare e scandagliare. “Noi vogliamo raccontare le esperienze dal basso- aggiunge Vincenzo- farle raccontare soprattutto da chi le vive”. Del resto “sotto piccole storie possono celarsi grande storie in grado di svelare i paradigmi di questa città”.