CATANIA – Ci penseranno gli avvocati a tutelare il nome dell’Anfe, tra gli enti coinvolti nello scandalo sulla formazione professionale a Catania. L’associazione esprime infatti “dura condanna” per quanto scoperchiato dall’operazione “Pandora” e i rappresentanti nazionali e regionali prendono le distanze da quanto avrebbero fatto gli arrestati, accusati di aver percepito e utilizzato indebitamente i fondi per la formazione professionale. L’Associazione, in una nota, non solo esprime “dura condanna nei confronti delle persone di cui si dovesse accertare la responsabilità”, ma assicura la totale estraneità dai fatti contestati dalla Procura etnea, precisando di aver dato mandato ai propri legali di avviare “tutte le procedure volte ad assicurare il rispetto e la tutela del nome dell’associazione, dei dirigenti e di tutti i lavoratori”.
Secondo quanto diffuso dai vertici dell’Associazione, inoltre, nel settembre 2011 l’Anfe nazionale, venuta a conoscenza dell’avviso di garanzia ricevuto da Saffo e dal nipote Cavallaro, aveva commissariato la struttura provinciale, sollevando da qualsiasi incarico dirigenziale e associativo gli indagati, Giuseppe Saffo ed Eleonora Viscuso, riducendo le mansioni di Francesco Cavallaro e, in seguito ad alcune attività ispettive, depositando, in seguito, alla Procura etnea le pratiche per costituirsi parte civile in caso di processo.