Il capitano che sussurrava ai boss - Live Sicilia

Il capitano che sussurrava ai boss

Il messinese Saverio Spadaro Tracuzzi
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Era già nell’occhio del ciclone perché accusato dal pentito Consolato Villani di aver stretto un patto con i fratelli Nino e Luciano Lo Giudice, capi dell’omonimo clan di ‘ndrangheta. Il messinese Saverio Spadaro Tracuzzi (nella foto), capitano dei carabinieri in forza alla brigata mobile di Livorno, è stato arrestato dal Ros con l’accusa di concorso esterno e corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa. Ma non sarebbe finita qui. Nella rete delle ‘talpe’ ci sarebbe anche un magistrato. La procura di Catanzaro, infatti, avrebbe sequestrato una lettera che Luciano Lo Giudice avrebbe scritto, dopo il suo arresto, a un magistrato che ha fatto parte o sarebbe tutt’ora in servizio alla Direzione nazionale antimafia.

Tracuzzi, che ha prestato servizio al Noe dei carabinieri e alla Dia di Reggio Calabria fino al giugno scorso,  sarebbe una della talpe che “forniva in maniera sistematica e continuativa ad elementi di vertice della cosca Lo Giudice notizie coperte dal segreto investigativo”. Soffiate riguardo i futuri arresti di membri appartenenti alla ‘ndrangheta, con tanti di nomi e cognomi, e anche sui controlli predisposti per la cattura dei latitanti. Sarebbe stato così preciso da consegnare agli indagati atti di indagine in formato cartaceo ed elettronico.

Fra le accuse contestate al militare, anche quella di aver “bloccato” accertamenti nei confronti degli esponenti della cosca Lo Giudice, come sarebbe accaduto nel gennaio 2008 in occasione della perquisizione ai danni di Antonio Cortese, uomo dei Lo Giudice, arrestato per gli atti intimidatori che hanno preso di mira i magistrati della procura reggina.

In cambio, il capitano dei carabinieri, avrebbe ottenuto denaro ed altre utilità, come il pagamento di conti di albergo, di spese di viaggio, di abiti firmati, di una Porsche e il prestito di una Ferrari. “Andavano in giro, facevano viaggi, hanno avuto dei fermi insieme, gli ha prestato il Ferrari quando aveva il Ferrari” racconta il pentito Villani a proposito.

L’arresto dell’ufficiale scaturisce dalle dichiarazioni di Nino Lo Giudice, il boss dell’omonimo clan che da due mesi parla agli inquirenti reggini, protagonista del ‘patto’ che avrebbe dovuto avere come contropartita la sua impunità.


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