Gli incubi fra Saro e la trazzera | Va in scena lo psicodramma del Pd - Live Sicilia

Gli incubi fra Saro e la trazzera | Va in scena lo psicodramma del Pd

Fausto Raciti durante la direzione del Pd

Un'assemblea. Ma soprattutto una seduta di autocoscienza che offre l'immagine di un Pd lacerato, stretto nella doppia morsa del 'presidente amico' e degli avversari. E quella trazzera è l'incubo supremo.

L'assemblea
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PALERMO- C’è una trazzera che – nell’immaginario elettorale – porta dritti dritti a Palazzo d’Orleans. E c’è, invece, un partito che non riesce più a muovere un passo. La tragedia politica del Pd siciliano è tutta qui. E va bene che la famosa trazzera dei miracoli grillina – quella di cui tutti sanno ormai tutto – è forse un richiamo più forte in via di metafora che per sostanza, eppure fa il figurone di una superstrada al cospetto del vicolo cieco in cui sono rimasti imprigionati i democratici. Un via buia che ha un nome e un cognome: Rosario Crocetta.

Ecco lo psicodramma che è andato in scena in tutta la sua compiuta trama all’Hotel San Paolo di Palermo. Era stata convocata l’assemblea democrat per scegliere il nuovo presidente: ha vinto l’ex assessore crocettiano, Peppe Bruno; mentre la candidata ferrandelliana, Giulia Beninati, ha ricevuto la proposta-contentino (rifiutata) di un posto nell’esecutivo. Oltre al disbrigo per saggiare le forze in campo, contava la forma suprema di autocoscienza di una comunità che si sente avvinta alla zavorra del presidente venuto da Gela e non sa più come liberarsene. Se lo sfiduci, vincono i grillini. Se lo mantieni, nonostante il boato dell’insofferenza popolare, i grillini vincono lo stesso.

Uno psicodramma, appunto. Che ha inizio con uno scorcio di dramma vero. Alcuni “poveretti”- non per colpa loro – della sgangherata Formazione circondano all’ingresso il segretario Raciti che li affronta. E li guarda negli occhi, Fausto, cercando di di fronteggiare la disperazione con le parole. Un atto di coraggio. Infine, si inabissa nella sala congressi. E qui si capisce quanto sia impervia l’opera dell’equilibrista che sovrintende ai destini di questo Pd in pezzi, reggendolo sulla punta del naso per evitare la completa rottura.

La relazione del segretario è una spremitura di cose già spremute: “Stiamo portando avanti un lavoro importante nella sanità siciliana, con la nomina di Baldo Gucciardi il Pd intende proseguire il lavoro di Lucia Borsellino: possiamo solo andare avanti, non certo tornare al passato (gli esegeti hanno annotato nel loro taccuino uno stop al ‘candidabile’ Roberto Lagalla, ndr). Non credo – incalza Raciti – che abbia un senso mettere una data di scadenza a questa legislatura. Il messaggio che dobbiamo mandare è che la verifica di questo governo è un fatto permanente”. Politichese purissimo, tanto che un militante ignoto si alza dalla sedia, contesta: “Sono solo parole, la fotocopia di mille discorsi”.

In platea gli applausi risuonano timidi. Il malumore serpeggia. Pidini anonimi discutono tra di loro: “So che molti hanno usato la trazzera per arrivare a Palermo. E parlano…”. “Sono disgustato di questo circo, dovremmo mettere lo sbigliettamento”. “Ormai provo solo repulsione”. Non si tratta di insulti all’onesto Raciti che tiene coerentemente una linea di galleggiamento; sono piuttosto grida dell’anima di un popolo che non vuole affondare con la malmessa scialuppa di Saro, che non si specchia più nella sua immagine perché in essa vede il profilo di un presidente politicamente impresentabile.

Lo ripetono in tanti, più o meno, al microfono degli interventi, con sfumature d’accento. Lo dice Tonino Russo: “Non dobbiamo scendere nella fossa con Crocetta. Separiamo il nostro destino dal suo”. Lo ripete Mirello Crisafulli, vecchio leone ferito: “Renzi ci spiega che o si governa o si va a casa. Come specificare che la Sicilia è un’isola… Bisogna afferrare il toro per le corna. Io non incontro più nessuno che si congratula con noi. E di persone ne incontro tante”.

Franco Piro usa la sua proverbiale lucidità per descrivere la catastrofe di una terra al collasso, tra dati Svimez e altre notizie del disastro. Angelo Capodicasa azzecca il motto: “Altro che data di scadenza, la mozzarella è già scaduta”. Grida dal fondo dell’anima di chi non si riconosce più, imprigionato in un vicolo cieco. E quella trazzera a cinque stelle è un incubo che – a torto o a ragione – porta dritti dritti a Palazzo d’Orleans. Gli altri.


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