Stop all'"antiparentopoli" | L'impugnativa di Aronica - Live Sicilia

Stop all'”antiparentopoli” | L’impugnativa di Aronica

Carmelo Aronica ha cassato le norme che estendevano le cause di incompatibilità con la carica di deputato regionale ai soci, funzionari e dipendenti delle società e degli enti di diritto privato che fruiscono di provvidenze dalla Regione o che siano dalla stessa controllati o vigilati.

Approvata il 12 agosto
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PALERMO – E meno male che avevano trovato un’intesa. Che avevano discusso, vagliando le possibili cause di incostituzionalità delle legge. Una legge il cui iter, come sottolinea lo strsso Commissario dello Stato Carmelo Aronica (facendo affiorare una punta di – immaginiamo involontaria – ironia), è stato “lungo e controverso”. Già. Travagliatissimo. Annunciato già alla fine del 2012 dal governo come il testo che avrebbe finalmente eliminato la “manciugghia” nella Formazione professionale (ma non solo), era stato frenato all’Ars. In prima commissione, molti deputati avevano sollevato dubbi, appunto, sulla legittimità di alcune norme volute dal governo e dal parlamento. I cui esponenti avrebbero, per giorni, “concordato” la strada da seguire insieme al Commissario. Ma l’accetta di Aronica, pur intervenendo su appena tre commi (tutti dell’articolo 1 della legge), ha, di fatto, mutilato un testo che “nonostante le buone intenzioni” ha finito per risultare del tutto inefficace proprio per gli obiettivi che si era posto.

Sono state cassate, infatti, le norme che estendono l’incompatibilità con la carica di deputato ai funzionari e di enti in qualche modo legati alla Regione. E soprattutto, Aronica ha bocciato l’estensione dell’incompatibilità ai soci degli enti. Precisando che non sussiste alcun motivo per considerare “peculiare” la situazione della Formazione professionale siciliana. E che molte norme restrittive sono già state previste e approvate dal legislatore nazionale. Insomma, della tanto sbandierata “norma antiparentopoli” resta poco o nulla.

In generale, si legge nella dettagliata impugnativa, la norma approvata il 12 agosto scorso, viola il principio dell’uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge. E in particolare gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Secondo il Commissario dello Stato la legge approvata dall’Ars, “seppure apprezzabile nell’intento, non è, ad avviso del ricorrente, esente da censure”. L’“apprezzabile intento” è quello di “soddisfare – scrive Aronica – le molteplici istanze di moralizzazione della politica e della vita pubblica provenienti dalla società civile, eliminando potenziali cause del condizionamento del consenso per garantire il libero esercizio del diritto di voto nonché assicurare il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza della Pubblica Amministrazione”. “Apprezziamo l’impegno”, sembra dire il Commissario, ma le più grosse novità introdotte dal ddl, sono incostituzionali.

 

Il disegno di legge, infatti, mirava a modificare parti di una legge già vigente, del marzo del 1951. La legge che delimita appunto i casi di incompatibilità con la carica di deputato regionale e componente della giunta di governo. “L’articolo 51 della Costituzione – precisa Aronica introducendo le cause di impugnativa – deve essere inteso nel senso che l’eleggibilità è la regola e l’ineleggibilità l’eccezione”. E la legge portata agli uffici del Commissario, avrebbe proprio la pecca di essere, in alcuni punti, indefinita e poco precisa. E di rivolgere le cause di incompatibilità non a “categorie di cittadini” (come la legge, che deve essere generale e astratta, imporrebbe), ma a singole persone.

 

E così, ecco “saltare” il comma 1 dell’articolo 1 nella parte in cui prevede l’ineleggibilità alla carica di deputato regionale per chi abbia un ruolo di rappresentante legale, dirigente o funzionario delle società ed enti di diritto privato ai quali la Regione partecipa. Saltano anche il comma 2 e il comma 3, inoltre, nella parte in cui estendono l’ineleggibilità a rappresentanti, amministratori, dirigenti o funzionari di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di società o imprese private che godano di contributi da parte della Regione, nonché a dirigenti o funzionari dipendenti della Regione. Quello stesso comma, poi, introduce la – molto discussa – specifica causa di ineleggibilità ed incompatibilità, limitata al settore della formazione professionale, riguardante soci, legali rappresentanti, amministratori, dirigenti, funzionari e consulenti di società od enti che fruiscono di finanziamenti o contributi a qualsiasi titolo per lo svolgimento di attività formative o che siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione. Era questo, il cuore della legge. Ed è saltato.

Secondo Aronica, infatti, i difetti nel testo sarebbero diversi. Intanto, il riferimento alle incopatibilità tra deputato e rappresentante legale di un ente di diritto privato “partecipato” dalla Regione, è già prevista dalla legge del 1951. Ma, semmai, la novità introdotta dal governo e dal Parlamento, introduce dei principi illegittimi per la “specificità del settore – scrive Aronica – e per l’ampliamento del numero dei destinatari, innanzitutto per l’inserimento fra i soggetti destinatari dei funzionari degli enti di diritto privato. L’estrema genericità della dizione ‘funzionari’ – spiega infatti il Commissario dello Stato – non risponde al principio di tassatività prescritto per le cause di ineleggibilità. Essa infatti è estremamente generica, non circoscritta e polivalente e potrebbe dar luogo verosimilmente a perplessità circa il suo significato, con conseguenti errori di applicazione”.

Una norma inspiegabile, secondo il Commissario, visto che il funzionario – al contrario del rappresentante legale o del dirigente dell’ente – non avrebbe la possibilità di influenzare le scelte dell’ente stesso. E nemmeno, quindi, di condizionare il voto o la erogazione di contributi. La norma, inoltre, non sarebbe stata in armonia con le analoghe norme statali. Una condizione prevista, quella della “specificità territoriale” solo in alcuni casi peculiari. Che – nel caso del mondo della Formazione – secondo il Commissario, non esistono. Visto che anche nel resto della penisola sono emersi casi di corruzione analoghi, in altri settori. Lo stesso principio vale per i “soci semplici” degli enti. Nemmeno a loro può essere tolto il diritto a concorrere alle elezioni. Insomma, un deputato regionale può far parte della compagine societaria, ad esempio, di un ente di Formazione. A patto che non ricopra cariche direttive o di rappresentanza. “Sono molto soddisfatto dell’ok del Commissario Aronica”, ha commentato a caldo il presidente Crocetta. Ma la tanto sbandierata “legge antiparentopoli” non esiste più.


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